martedì 16 febbraio 2016

Tarantino o Agatha Christie?

And then there were none...
E infine non ne rimase nessuno...

Mezzo western, a tratti giallo e in parte anche Hitchcockiano, per la regia e le riprese (la logica della cinepresa), un certo gusto per il mistero (poiché ci si chiede tutto il tempo chi sta con chi) e il "luogo chiuso" del rifugio di Minnie, dove si ambienta per gran parte la vicenda, che rimanda alle claustrofobiche scenografie in cui il Maestro Inglese amava inscenare i suoi film.
Questo è il nuovo film di Tarantino. L'ottavo (e forse è per questo o perché suonava meglio di Nine o Ten, che si chiama The Hateful Eight).

La vicenda inizia in una tormenta di neve:
una diligenza trasporta un cacciatore di taglie, John Ruth, e la sua prigioniera, ammanettata a lui (Daisy Domergue, che non sapremo mai cosa ha fatto per meritarsi la forca), verso la vicina Red Rock, dove l'uomo la consegnerà allo sceriffo perché venga processata e impiccata.
Il cocchiere O.B. si ferma però due volte durante il viaggio, allorché incontrano nella neve altri due uomini rimasti a piedi: un altro cacciatore di taglie, Marquis Warren, con tre ricercati già stecchiti e pronti a loro volta per il viaggio verso Red Rock, e un uomo, Chris Mannix, che dice di essere il prossimo sceriffo proprio della cittadina verso cui sono diretti.
Data l'impossibilità di proseguire il viaggio, la diligenza coi suoi 5 passeggeri si ferma all'emporio di Minnie, conosciuto luogo di ristoro da parte di tutti i frequentatori del Wyoming. Ma i proprietari, Minnie e Sweet Dave, non ci sono; al loro posto c'è un messicano di nome Bob, che spiega di badare all'emporio per conto di Minnie mentre questa è andata a trovare la madre con Sweet Dave.
Dentro al rifugio ci sono altri tre uomini: un inglese, Oswaldo Mobrey, che pare essere il boia della zona, un renchero di nome Joe Gage, che torna a trovare la mamma, e un vecchio generale sudista, Sanford Smithers.
Una volta chiusi tutti e nove (gli odiosi otto del titolo e O.B.) dentro il piccolo spazio la situazione precipita in un tempo relativamente breve.
La gran parte del film (il primo tempo) scorre molto lenta, tra presentazioni e convenevoli dei vari personaggi. I dialoghi stentano a funzionare. Zoppicano. Sono fiacchi. Non c'è brio.
Nella seconda parte, com'era giusto aspettarsi da un film di Tarantino e dal trailer, le cose si muovono un po' di più (mica tanto più velocemente) e si animano finendo in una carneficina.
In sostanza: si ammazzano tutti fra di sé (non spoilererò come e perché) finché "non ne rimase più nessuno", proprio come nel finale del famoso giallo di Agatha Christie, Dieci Piccoli Indiani, tant'è che i personaggi in verità sono dieci e non otto.



La realizzazione del film è molto buona sul piano tecnico: buona regia, bellissime le riprese e la fotografia: la scena d'apertura coi titoli di testa è perfetta e rimanda ai vecchi westner leoniani, grazie anche alla colonna sonora di Ennio Morricone. Musiche davvero bellissime.
Arrancano invece, come già accennato, i dialoghi e -in generale- la sceneggiatura, che in tanti punti non convince. La durata di 2 ore e 50 minuti è eccessiva, vuoi perché il ritmo lento li fa sentire tutti, vuoi perché è stato tirato per le lunghe solo per il gusto di farlo, poiché alcuni personaggi avrebbero potuto uccidere tutti gli altri molto prima, togliendoci un'ora e mezza di tedio.

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