mercoledì 29 ottobre 2014

Viaggio nel mondo Disney: la Spada nella Roccia


“La spada nella roccia” è il titolo del 18° classico Disney uscito nel dicembre del 1963.


Fu, purtroppo, l’ultimo film totalmente animato che vide Walt Disney prima della sua morte, avvenuta nel 1966, e si ispira molto liberamente al romanzo omonimo pubblicato 25 anni prima: narra le vicende di re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda. Il film racconta la primissima parte di questa storia, e vede protagonista un giovane ragazzo scudiero, il cui vero nome è appunto Artù,  chiamato da tutti “Semola”.
Tema principale del cartone è un percorso di formazione: varie lezioni teoriche e pratiche sulle tematiche che ci accompagnano nella vita condotte da Mago Merlino, l’unico a riconoscere delle potenzialità nel giovane ragazzo protagonista che prima del suo incontro è carente di una vera istruzione. Percorso che ovviamente terminerà con l’estrazione da parte di Semola della famosa spada incastrata nella roccia, e con la sua proclamazione di nuovo re di tutta l’Inghilterra.
Assenti duelli tra cavalieri, lotte per il potere, tutti elementi caratterizzanti i romanzi ambientati nel periodo storico preso in considerazione; ci sono solo Merlino e Semola in un rapporto insegnante-alunno.
La storia può sembrare molto semplice, ma cos' ha reso “La spada nella roccia” un capolavoro tra la filmografia Disney e non solo, amato da tantissimi ancora oggi a più di 50 anni dalla sua uscita?
Sicuramente la comicità e i personaggi: è forse il cartone più divertente e con i personaggi più riusciti dell’intera filmografia Disney.

Semola è un ingenuo e sognatore ragazzo di 12 anni, buono nell’animo e nel cuore, dolce e maldestro nei modi e gracile nel fisico, altruista, perfetto per creare nello spettatore, soprattutto quello a cui è teoricamente rivolta l’opera (i bambini) un'immediata immedesimazione.
Vogliamo imparare con lui, siamo pronti a vivere le avventure che si troverà davanti in questo percorso.
Merlino è invece un mago e ci viene presentato come il più potente mago al mondo, in grado perfino di prevedere il futuro e di viaggiare nel tempo, oltre ad eseguire vari incantesimi e magie. E’ colui che istruisce Semola, ed è uno dei personaggi più riusciti e simpatici della Disney, l’insegnante che tutti vorremmo, buono e generoso, testardo ma buffo nei modi; con il suo ingresso il film prende quota in un continuo vortice di risate.
La prima scena che li vede entrambi protagonisti è davvero fantastica: Semola, nel tentativo di riprendere una freccia scoccata troppo lontano da Sir Caio -il fratello maggiore adottivo di Semola- finisce per cadere letteralmente dentro la casa di Merlino, che aveva previsto il suo arrivo.


Estremamente comico il personaggio della Zuccheriera mentre riempie la tazza con, letteralmente, una montagna di zucchero, aspettando che sia Merlino a dire “Basta”; esilarante Merlino mentre continua a parlare e guardare la zuccheriera in questo gesto infinito, finalmente arrabbiandosi e pulendo quindi con la propria barba il tavolo e la buffissima faccia di Semola meravigliata di fronte a tutta la scena.
Fantastico anche l’ingresso in scena di Anacleto, il gufo, per il sottoscritto il personaggio più riuscito e divertente del cartone. Permaloso e testardo ma con in fondo un cuore e un animo buono, alter ego di Merlino, sempre intento a contraddirne le teorie in torno burbero ma lo stesso estremamente simpatico

Semola: “Allora potete vedere tutto prima ancora che accada?
Merlino: “Sì, tutto quanto.
Anacleto: “Ah ah ah cala cala Merlino!”

Disney, in mezzo a questo sana divertimento, non dimentica di lanciare, con la vocedi Merlino, un  messaggio importante ai bambini di ogni età:
"tu non puoi crescere senza una decente istruzione"
A seguito di questa scena Merlino decide di seguire Semola e di diventarne ufficialmente il suo mentore. Bisogna quindi fare le valigie ed andare a vivere come ospiti nel castello del padre di Semola. Mai la preparazione delle valigie per un trasloco è stata più divertente che in questo cartone, scena e canzone passate letteralmente alla storia:


Prima canzone del cartone, non solo come ordine di incontro, simpaticissima e orecchiabilissima, è scritta dai fratelli Sherman, che introducono forse per la prima volta nelle canzoni Disney l’utilizzo di parole inventate, cosa che faranno per la Disney anche in successive pellicole come per esempio Mary Poppins.
Higitus figitus abra kazè
Prestate attenzione tutti a me
Si fanno le valigie andiamo susu
Nonono non tu, sempre i libri prima lo sai
Hockety pockety wockety wack Abra-cabra-dabra-da
Se ciascun si stringerà il posto a tutto si troverà 
Higitus figitus figitus sbum Prestidigitorium 
Alicafez Balaca set Malacavez Meripades Hockety pockety wockety..
Un'altra comparsa molto divertente la troviamo nella scena successiva, durante il viaggio a piedi verso il castello: un lupo che tenta in ogni modo di mangiare Semola, accompagnato da una sfortuna degna del miglior Willy Coyote. Tra cadute, voli e massi sulla testa, questo personaggio ci accompagnerà anche durante l’episodio degli scoiattoli.


All’arrivo, sir Ettore, padrone del castello, si dimostra restio a far restare Merlino come istruttore di Semola, prima di arrendersi e concedergli un “tetto” nella torre, definita da Anacleto “..vecchia torre traballante del più pericolante vecchio castello dell'intera cristianità”.
Subito dopo assistiamo all’arrivo di Sir Pilade, altro simpaticissimo personaggio dagli ingombranti baffoni che porta "grandi notizie da Londra, sensazionali”: l'annuncio di un grande torneo cavalleresco, il cui vincitore verrà proclamato re.
Sir Ettore inizierà ad allenare il figlio Caio, sperando sia il nuovo re -prospettiva che atterisce Sir Pilade. Semola viene nominato scudiero di Caio.

Iniziano poi gli insegnamenti di Merlino che, ciascuna volta, trasforma Artù in un animale per insegnargli un nuovo concetto.
La prima trasformazione è in pesce, all’interno del fossato del castello, per studiare le leggi della fisica. Non avendo l’istinto da pesce, Semola deve usare il cervello per imparare i nuovi movimenti, a ritmo di una simpaticissima e bellissima canzone dove “per ogni qua c'è sempre un là..per ogni se c'è sempre un ma", ricordando anche di non adagiarsi mai perché “Sempre in alto mira e va esci dalla mediocrità non star solo ad aspettar ciò che per caso puoi trovar se metti buona volontà il mondo tutto ti darà”. Il successivo attacco di un luccio dimostra a Semola (e a noi spettatori) come il cervello prevalga sui muscoli, anche se solo un goffo salvataggio di Anacleto permette a Semola di uscire vivo dal fossato, lasciando incredulo agli occhi di Merlino dimostrando che in fondo anche il burbero Anacleto possegga un cuore d’oro.

Messo in punizione in cucina, Merlino usa la magia in modo che i piatti si lavino da soli; ha cosi inizio la seconda lezione-trasformazione, questa volta in scoiattolo, per conoscere la forza della gravità. Lezione subito interrotta da una graziosa e coraggiosa scoiattolina che si innamora subito di Semola,dando luogo a un simpaticissimo corteggiamento, tra i più famosi e divertenti di casa Disney e non, dove Semola tenta invano di resistere ai tentativi di conquista, finendo per disturbare ed essere cacciato prima da Anacleto, poi da un picchio (come la zuccheriera una semplice comparsa ma estremamente divertente). Nemmeno Merlino rimane al sicuro, dato che compare immediatamente una scoiattolona che inizia a corteggiarlo, in tono sempre estremamente divertente. Ritornati umani, risulta tenerissima la scoiattolina delusa e molto bella la spiegazione che Merlino fornisce a Semola sulle complicazioni dell'amore:
“Questa faccenda dell’amore è una cosa potentissima, più forte della gravità, la forza più grande sulla terra...”


Rientrati al castello troviamo Ettore impegnato in una lotta con la cucina stregata da Merlino; per punizione a Semola viene momentaneamente interrotto il compito di scudiero.
Successivamente Anacleto accusa Merlino di confondere solamente le idee a Semola, nel tentativo di fornirgli nozioni ancora sconosciute per l’epoca, come la forma della terra e il suo moto rotatorio e assume il momentaneo incarico di maestro del ragazzo, ceduto da uno seccato Merlino. Ma Merlino durante la lezione di scrittura di Anacleto distrae Semola con la sua “macchina volante”, provocando l’ira del gufo che recrimina che “se l’uomo fosse nato per volare sarebbe nato con le ali”. Merlino tenta di dimostrare il contrario facendo volare il suo modellino, che si impiglia nella lunga barba del mago, rovinando la dimostrazione e provocando la risata di Anacleto, una risata estremamente contagiosa e a cui è impossibile resistere, di culto, forse la risata più famosa del cinema. Personalmente è la scena preferita dell’intero film.


Anche se la risata è quella originale, grande merito della riuscita del personaggio di Anacleto da noi va dato al doppiatore, Lauro Gazzolo, specializzato in voci da vecchietto di film western e in altri personaggi secondari Disney come il Bianconiglio o il cane Whisky di Lilli e il vagabondo, bravissimo a rendere perfettamente il personaggio e farlo entrare subito in simpatia con gli spettatori. Ma tutto il nostro doppiaggio è degno di lode: ogni voce risulta perfetta, non ultima Lydia Simoneschi (già voce di Bette Davis o Vivien Leigh) che interpreta l’antagonista femminile, che a breve apparirà nella storia.
Subito dopo Semola viene trasformato in un uccello, provocando l’ennesimo divertentissimo litigio-botta e risposta tra Merlino e Anacleto per chi debba insegnare la tecnica del volo.
Merlino: “Sarà meglio che ti spieghi la tecnica del volo. Allora: queste penne lunghe si chiamano primarie...”
Anacleto: “Si può sapere da quando in qua sai tutto sulle ali degli uccelli?”
Merlino: “Ho compiuto studi approfonditi sul volo degli uccelli.”
Anacleto: “Se non ti dispiace si da il caso che io sia un uccello!”
Merlino: “Va bene signor saputone, l’allievo è tuo!”
Durante la prova pratica di volo, Semola viene attaccato da un falco e durante la fuga finisce all’interno di una canna fumaria, che risulta essere quella della casa della maga Magò, la vera antagonista del film, personaggio di enorme successo, sfruttato moltissimo successivamente nelle storie a fumetti. Dal carattere euforico, pazzo e imprevedibile è forse il primo antagonista Disney ad essere puramente comico: infatti provoca sicuramente simpatia, non paura, allo spettatore. Alter ego di Merlino nell’usare la magia per scopi malvagi, si prende gioco di Semola con varie trasformazioni per poi decidere di ucciderlo.
Solo il provvidenziale intervento di Merlino salva nuovamente il protagonista, causando un duello di magia, (una battaglia di cervelli dove i contendenti si trasformano in cose diverse e cercano di distruggersi a vicenda), ennesima scena che Walt consegna alla storia della cinema, ed ennesimo suo insegnamento, perché anche qui in tono visionario ci dimostra quanto il cervello sia importante e fondamentale a discapito della forza bruta e come il bene debba sempre trionfare sul male, nonostante gli imbrogli di cui si servono le forze del male.


Nelle scene finali del film Semola provoca l’ira di Merlino, accettando nuovamente il ruolo di scudiero per il torneo. La reazione di Merlino è la fuga nel XX secolo, con un'altra famosissima frase, citata ancora oggi in continuazione, "Honolulu, arrivo!"
Smarrita la spada di Caio, per sostituirla, Semola estrae la spada dalla roccia, compiendo inconsapevolmente la profezia.
Riconosciuta subito come la spada nella roccia, il torneo viene interrotto e Semola estrae nuovamente la spada, dimostrando l’autenticità del gesto.
Il nuovo re Artù è spaventato da questo gravoso compito e tenta la fuga, ma il ritorno di Merlino in una divertentissima tenuta estiva lo calma e lo introduce al suo futuro di eroe leggendario con i cavalieri della tavola rotonda. Ritorno che non dimentica di lanciare una frecciatina al nostro periodo storico, dato che come dice Merlino “il XX secolo sta bene dove stà, un bel guazzabuglio moderno.”

Quest'opera, apparentemente senza pensieri, non manca di continui messaggi positivi, classico di Walt: la forza dell’amore, quanto sia importante la conoscenza e l’uso dell’intelligenza e del cervello (la scena dei pesci o il duello di magia), quanto di buono ci sia in ognuno di noi, anche nelle persone più insospettabili (Semola era poco considerato da tutti), come non bisogni mai interrompere la nostra voglia di imparare e come bisogni sempre mettere il massimo impegno, in ogni gesto, anche quello più semplice (Merlino fa notare questa bella caratteristica di Semola durante la preparazione dell’allenamento di Caio).
Ma, come già detto, l’elemento più riuscito di quest’opera è la caratterizzazione dei personaggi, la loro forte ironia e dissacrante comicità. Ogni personaggio risulta memorabile, tutti, dai più presenti (Merlino o Anacleto) alle comparse (la zuccheriera o Sir Pilade). Tutti ci provocano estrema simpatia, tutti si lasciano immediatamente ricordare, tutti hanno ottimi dialoghi o ottime scene puramente slapstick che portano a continue risate. L’apice è rappresentato sicuramente da Anacleto e Merlino, splendida coppia comica probabilmente ai livelli di molte coppie comiche umane della storia del cinema. Permaloso e brusco il primo finisce sempre per contrapporsi alle magie di Merlino, altrettanto testardo e permaloso ma smemorato. Per questo motivo i battibecchi che li accompagnano in tutto sono davvero splendidi. Anacleto è per me memorabile, dato che credo sia impossibile non adorarlo, sicuramente sul podio tra i personaggi più riusciti della filmografia Disney, forse inarrivabile oramai, ma ne ho già tessuto più volte le lodi durante il testo, concludo allora con l’ennesima scena di culto all’interno film, con protagonista Merlino, perché chi non vorrebbe passare una vacanza con lui ad Honolulu, vestito in modo così stravagante? Nessuno. Perciò qui vi lascio perché: Honolulu, arrivo!


Andrea

giovedì 18 settembre 2014

Viaggio nel mondo Disney: la Carica dei 101

"La Carica dei 101” è il titolo del 17° classico animato Disney. Film uscito nel 1961 e tratto dal romanzo “I cento e uno dalmata” di Dodie Smith.


Il film ha inizio in un tipico appartamento da scapolo a Londra, dove il protagonista umano Rudy, di professione compositore, lavora su una nuova stesura mentre il suo cane, un dalmata di nome Pongo, attende l’arrivo dell’ora della passeggiata tremendamente annoiato dalla loro attuale vita da scapoli. Decide quindi di cercare una fidanzata per Rudy, ritenendolo "abbastanza carino per il suo genere”. Inizia quindi una prima divertente scena, famosissima ed entrata nell'immaginario collettivo, dove Pongo alla finestra seleziona le più varie coppie femminili cane-padrone, che si rispecchiano a vicenda; dopo diverse e anche bizzarre coppie appare finalmente quella perfetta, una dalmata femmina e la sua affascinante padrona, che si dirigono verso il parco. Per Pongo è il momento di agire: deve seguirle e, spostando in avanti l’ora sull’orologio nella stanza, riesce a far uscire Rudy prima del previsto.

 
Raggiunte all’interno del parco, Pongo tenta in tutti i modi di attirare l’attenzione della coppia, prima rubando il cappello di Rudy e posandolo accanto alla ragazza, ottenendo un primo dolce scambio di sguardi tra i due protagonisti; poi fa cadere accidentalmente entrambi i padroni all’interno di uno stagno, provocando prima l’ira poi la gioia e la risata generale, con seguente innamoramento tra le due coppie, che porterà al matrimonio sia tra Pongo e Peggy (questo il nome della dalmata femmina) che tra Rudy e Anita (questo il nome della sua nuova compagna).
La scena si sposta più avanti nel tempo: Peggy è in dolce attesa e in casa regna un'aria serena quando appare il personaggio più famoso e riuscito dell'opera, Crudelia De Mon, vecchia amica di Anita, antagonista della storia odiata da tutti i componenti della casa, amante di pellicce, dai toni e modi sgarbati e ripugnanti. La donna vuole i cuccioli di dalmata, ma, essendo arrivata in anticipo, lascia casa con l'intenzione di tornarci tra qualche settimana, tutto questo mentre Rudy compone la famosissima canzone a lei dedicata.


Successivamente Peggy partorisce 15 teneri cuccioli, che però rischiano di diventare 14, pericolo sventato da Rudy che lo rianima massaggiandolo con un asciugamano, per la gioia di tutta la casa, Nilla compresa (la governante di casa).
Subito dopo riappare nuovamente Crudelia, che all’inizio disdegna i cuccioli appena nati perché totalmente bianchi; quando poi scopre che le macchie arriveranno nei prossimi mesi, ossia crescendo, è disposta a comprare l’intera cucciolata per una grossa somma di denaro ma Rudy rifiuta l'offerta, scatenando l'ira di Crudelia che esce sbottando "Mi vendicherò, non dubitate!"

Le giornate passano tranquille, i 15 cuccioli sono adorabili, simpaticissimi e tutti magnificamente caratterizzati: si passa da chi ha sempre fame a chi ha sempre sonno, all'amante della televisione, all'impavido e coraggioso...ma sotto questo velo di tranquillità si teme il ritorno di Crudelia.
La sua mossa non si fa attendere, vuole a tutti i costi i cuccioli per farne delle pellicce e per arrivare al suo scopo assume due simpaticissimi criminali, Gaspare e Orazio, che eseguiranno il furto dei cuccioli cogliendo la governante sola in casa. La donna tenterà di cacciare i malviventi, senza riuscirvi. Rudy e Anita chiamano a Scotland Yard, ma le indagini umane non hano successo.
Disperati, Pongo e Peggy si rivolgono al telegrafo canino, il mezzo di comunicazione che i cani sfruttano nelle urgenze, abbaiando le notizie da cane a cane, dal centro di Londra alla periferia, fino a raggiungere  l'avamposto di Colonnello (un vecchio cane pastore) e dei suoi attendenti: il Sergente Tibbs (un gatto) e il Capitano (un cavallo).

- "sembra un numero, 3 x 5 = 13" 
- "fa 15 signore" 
- "sì, 15 naturalmente"
- "15 ciccioli macchiati rapiti" 
- "è meglio controllare, colonnello" 
- "due guaiti, un punto e una linea" 
- "allora cuccioli, signore!"
Da Colonnello Pongo e Peggy ricevono la notizia che i cuccioli sono stati rintracciati presso l'Antro dell'Inferno, la casa abbandonata dei Demon, dove Tibbs, in perlustrazione li ha trovati, insieme a Gaspare, Orazio, Crudelia e altri 84 cuccioli, comprati da un negozio, destinati, tutti e 99, a diventare giacche di pelliccia.


Ottenuta l'informazione, Pongo e Peggy partono subito per recuperare i loro cuccioli.
Quella stessa notte Crudelia, sapendo che la polizia sta perlustrando Londra alla ricerca di cuccioli e rapitori, ordina a Orazio e Gaspare di uccidere e spellare i cuccioli subito.
I due però rimandano il lavoro alla fine della loro trasmissione televisiva preferita "Qual'è il mio reato"e, mentre sono seduti davanti alla televisione, il gatto Tibbs, penetrato in casa, fa scappare dalla stanza tutti i 99 cuccioli, attraverso una fessura in un muro.
Terminato il programma, Gaspare e Orazio scoprono la fuga e rincorrono Tibbs e i cuccioli all'interno della casa; quando tutto sembra perduto, con gatto e cuccioli con le spalle al muro, sopraggiungono Pongo e Penny; irrompono nella stanza da una finestra e assalgono i due criminali, dando il tempo a Colonnello e Tibbs di far uscire i piccoli dalla casa.


All'interno di una stalla vicina avviene finalmente il ricongiungimento felice tra Pongo, Peggy e i loro cuccioli. Ma presto si accorgono di essere molti di più, 99 cuccioli più i due adulti: 101 in tutto. Venuti a sapere dell'ignobile piano di Crudelia, Pongo e Peggy decidono di portarli in salvo tutti, certo che i loro padroni non li abbandonerebbero mai. Inizia quindi un lungo e difficoltoso viaggio di ritorno, al freddo, sotto la neve, aiutati spesso da altri animali incontranti lungo la strada, cani o mucche, che gli offrono cibo, un tetto o un posto dove riposare mentre Gaspare, Orazio e Crudelia gli danno la caccia.
Famosissima e molto citata la frase di uno dei cuccioli, allo stremo delle forze durante il viaggio, tenerissimo nel dichiare il suo disagio:
"Sono stanco e ho fame. Ho la cosa gelata e il naso gelato, le orecchie gelate e i piedi gelati."


Arrivati in una cittadina, vengono aiutati da un Terranova del paese, che li conduce in un nascondiglio e gli suggerisce un piano per fuggire velocemente, su un furgone che in giornata partirà per Londra.
L'arrivo in questa cittadina di Crudelia, Gaspare e Orazio complica i piani dei dalmata, ma, grazie a un intuizione di Pongo, si mimetizzano agli occhi degli inseguitori, ricoprendosi di fuliggine, per la gioia dei cuccioli, in modo da sembrare anche loro dei Terranova .
Il piano procede perfettamente: i cani, uno ad uno, riescono a salire sul furgone proprio sotto gli occhi degli inseguitori; purtroppo delle neve cade proprio addosso ad uno degli ultimi cani, togliendo la fuliggine e mostrando il vero colore dei dalmata. Inizia quindi l'ultimo inseguimento, con un inquietante Crudelia, alla guida della sua smagliante auto, completamente accecata dalla rabbia, che cerca di speronare il furgone.


Contemporaneamente Gaspare e Orazio, sopraggiungendo da una strada secondaria, vogliono colpire il furgone, ma, maldestri come sempre, sbagliano e prendono in pieno l'auto di Crudelia, mettendo la parola fine alla caccia e lasciando via libera ai dalmata, che ritornano a casa proprio la notte di Natale.
Scopriamo che Rudy ha avuto successo grazie alla canzone da lui composta su Crudelia; ma la tristezza regna ancora in casa per l'assenza dei loro cani. All'improvviso l'abbaiare interrompe il silenzio e, una volta aperta la porta, la casa viene inondata di dalmata. Vengono contati ben 101 cani e Rudy e Anita decidono che, con i soldi guadagnati con la canzone, compreranno una enorme casa in campagna in modo da tenere e far crescere tutti e 101 i dalmata, giungendo così al lieto fine.
"Che importa se son più di 100, ognuno con noi resterà
in ogni momento nell'allevamento felice ciascun sarà.."

Il film alla sua uscita fu un enorme successo, guadagnando 14 milioni solo il primo anno di distribuzione e ancora oggi è considerato uno dei classici più famosi degli anni '60, ma anche della filmografia Disney in generale.
In realtà la sua realizzazione fu molto travagliata in quanto opera successiva a "La bella addormentata nel bosco" che fù un insuccesso al botteghino, guadagnando molto meno di quanto era costato e portando Walt a dover risparmiare notevolmente nella realizzazione di questo nuovo film. Lo staff si ridusse ad un quinto e venne deciso di affidarsi a una nuova tecnologia, chiamata xerografia, che permetteva un inchiostratura automatica dei disegni dei personaggi in movimento (quelli che vengono sovrapposti ai fondali fissi) risparmiando in tempistiche e manodopera, abbattendo quindi i costi oltre a permettere la realizzazione di 101 cani a macchie, operazione lunghissima manualmente. Nonostante tutto questo, riuscì comunque bellissimo, senza risentire del tempo trascorso.
Fu il primo film ambientato all'incirca nello stesso periodo di uscita dello stesso, quindi non nel passato o in epoche e periodo fantastici e indefiniti.
Dopo Lilli e il Vagabondo abbiamo ancora i cani come protagonisti principali e, nuovamente, sono descritti con caratteri molto simili a quelli umani, basti pensare alla prima scena dove il cane rispecchia lo stile del padrone o ai cuccioli di Pongo & Peggy, dove abbiamo il teledipendente Lucky, o il coraggioso Macchia (sarà lui il protagonista del seguito, "La carica dei 101 II - Macchia, un eroe a Londra" o il sempre affamato Rolly:
"Ho fame mamma, ho fame! veramente! ho cosi fame che mangerei un elefante intero!"
Le caratteristiche dei cuccioli li fanno entrare subito nella simpatia e nel cuore dello spettatore, grande o piccolo che sia, provando verso di loro una tenerezza unica.
Qui, come in molti classici Disney, un punto di forza è la caratterizzazione dei personaggi "secondari". Abbiamo già parlato dei cuccioli, vi sono inoltre i criminali Orazio e Gaspare, veri mattatori comici del film (alto e magro il primo, basso e grasso il secondo) estremamente esilaranti nella loro goffaggine come quando si fingono elettricisti per entrare in casa di Rudy, sbagliando l'ortografia della scritta società elettrica, impressa su una valigetta. Inoltre abbiamo un classico ribaltamento dei ruoli: il primo è la mente, ma è il secondo che in realtà ha idee e intuizioni giuste, non recepite dal primo, caratteristica che li accumuna al cane Colonnello e al gatto Sergente Tibbs (il secondo, a servizio del primo, è quello che invece ha le idee più brillanti che vengono difficilmente riconosciute dalla "mente" del duo). Molto comici anche loro due: Colonnello estremamente serioso nei comportamenti, ma spesso corretto in errori banali, e Sergente Tibbs succube del colonnello, nonostante svolga tutto il lavoro: "Sergente Tibbs al rapporto!"
Chi ruba sicuramente la scena a tutti è però l'antagonista, Crudelia De Mon

Senza dubbio tra i villain più carismatici e ricordati dell'intera filmografia Disney: indimenticabile la sua aria da diva del passato, le sue pelliccie e la sigaretta fumata col bocchino, onnipresenti, col caratteristico alone di fumo verdastro che la circonda. Fantastico il suo modo di fare perfido, pazzo e spaventoso ma allo stesso tempo goffo; il suo disegno con zigomi appuntiti e corporatura scheletrica; i capelli metà bianchi e metà neri. E fantastica è la canzone a lei dedicata:
"Crudelia De Mon, Crudelia De Mon
Farebbe paura persino a un leon
E' più letale lei d'uno scorpion
Crudelia Crudelia, De Mon

Crudelia fa l'effetto di un demonio
e dopo il primo istante di terror
Ti senti in suo poter
e tremi al sol veder
gli occhi di felino predator"
Il disegno spigoloso caratterizza anche tutto il resto dei personaggi, in uno stile di disegno nuovo e particolare, ma che risulta comunque molto dettagliato e gradevole; perde teoricamente invece, rispetto a pellicole precedenti, la cura del disegno negli sfondi, spesso poco curati rispetto al passato, ma comunque con un loro fascino.
Anche la storia è relativamente semplice, ma originale e, grazie a un pizzico di tensione e trovate divertenti, non annoia e regge per tutta la durata, presentando comunque, dietro la sua semplicità, dei messaggi più o meno evidenti, ma importanti.
Si può sicuramente notare nel personaggio di Crudelia, per come è rappresentata, una critica al mondo che le appartiene, borghese e viziato, che vuole fare del male a creature innocenti solo per puro piacere personale, nella ricerca di cose materiali (la pelliccia), e ritiene che tutto sia in vendita e che tutto abbia un prezzo, in contrapposizione al puro pensiero dei protagonisti (Rudy che rifiuta un grosso assegno, preferendo l'affetto dei cani, e la seguente ira di Crudelia è il simbolo di questo concetto). 
L'atto che vuole compiere è sicuramente ignobile e, dato l'affetto che i bambini provano subito per i cuccioli, anche poco adatto a un pubblico infantile (come quasi sempre nelle opere Disney). L'inseguimento finale di Crudelia, per esempio, è tutto tranne che adatto ai bambini, dove l'ira ne fa assumere sembianze diaboliche, a cavallo del suo destriero a 4 ruote, con occhi che bramano odio e morte.
Tra i messaggi più chiari c'è invece quello ambientalistico a favore degli animali, seguendo sempre la scia di Lilli e il Vagabondo. Se prima ne veniva criticato l'abbandono, ora viene criticato l'uso impietoso degli animali per un consumo di beni non di prima necessità per l'uomo
Ancora: l'importanza della collaborazione, dell'aiutarsi a vicenda nel momento del bisogno e delle difficoltà, che gli umani dovrebbero imparare dai cani (bellissima ed emozionante la sequenza del telegrafo, che mette in contatto i vari cani, che non esitano ad aiutare Pongo e Peggy, anche senza conoscerli personalmente, riuscendo dove gli umani avevano fallito, dimostrando la solidarietà tra i vari membri della comunità canina).
Insomma, nonostante la storia apparentemente semplice, la Disney riesce comunque a parlarci e mandarci messaggi positivi, inserendo un altro mattone importante nella sua filmografia, entrato nell'immaginario collettivo. D'altronde, alzi la mano chi non ha mai canticchiato la canzone "Crudelia De Mon" o vedendo per strada un dalmata non abbia pensato a uno dei protagonisti o a uno delle scene. Secondo me le mani sono poche, molto poche, e questo grazie alla magia Disney.

Andrea

domenica 24 agosto 2014

Icone di Ieri: John Williams

Attore bravissimo e simpatico, che ha preso parte a molti film di successo del recente passato cinematografico, John Williams poveretto non lo conosce quasi nessuno.


Inglese, classe 1903, esordisce a soli 13 anni, nei teatri inglesi, poi, ventenne, si trasferisce negli Stati Uniti e lavora a Brodway. Qualche tempo dopo, al principio degli anni '30, inizia anche a lavorare nel cinema.
La filmografia di Williams è abbastanza vasta, nonostante fosse principalmente un attore di teatro, ma sul grande schermo è ricordato principalmente per cinque pellicole, nelle collaborazioni con due grandi della regia che seppero sfruttare bene il suo talento e la sua plasticità nella recitazione: Billy Wilder e Alfred Hitchcock.

Il primo film veramente importante di John Williams è ,infatti, Il Caso Paradine, di Hitchcock, nel 1947.
Il protagonista del film è Gregory Peck, l'avvocato che deve difendere la signora Paradine (Alida Valli) dall'accusa di avere ucciso il marito. Qua Williams interpreta il personaggio di Barrister Collins. Del film si è già parlato, a proposito della carriera di Charles Laughton, che interpreta in questo caso il giudice Horfield, e che lavorerà con Williams anche nel già citato Testimone d'Accusa, dove stavolta Laughton è l'avvocato difensore e Williams il suo aiuto, l'avvocato Brogan-Moore.
Le due produzioni furono spesso paragonate per via delle trame, tanto che Hichcock raccontava: "Spesso ho avuto modo di incontrare molti ammiratori che si complimentavano per Testimone d'accusa, credendo che l'avessi diretto io. Quando lo feci notare a Wilder, egli mi disse che molti ammiratori si complimentavano con lui per Il caso Paradine, credendo che lo avesse diretto lui."
I due film sono però distanziati da dieci anni e nel mentre John Williams divenne sempre più conosciuto e apprezzato: se nel film del '47 il suo personaggio è quasi dimenticato, il ruolo di collaboratore della difesa nel film del '57 già lo vede in primo piano.
In quei dieci anni Williams lavorò ancora con Wilder in Sabrina (1954), interpretando il padre della giovane, l'autista di casa Larrabee, e con Hitchcock prima ne Il delitto perfetto (lo stesso anno) e poi in Caccia al ladro (l'anno successivo).
Il Delitto Perfetto è la riproduzione che Hitchcock fece dell'omonima pièce di Frederick Knott, andata in scena a Londra e Brodway. Ambientato, come solo Hitch riusciva a fare, praticamente in un'unica stanza, è la storia di un marito (Ray Milland) che assolda un killer (Anthony Dawson) per uccidere la moglie (Grace Kelly), che intende lasciarlo per un altro uomo (Robert Cummings); ma le cose vanno non secondo i piani e la donna riesce invece ad afferrare un paio di forbici e a difendersi, uccidendo l'aggressore. Quando il marito torna a casa e scopre l'accaduto, riesce a tenere lontana la moglie dalla scena del crimine e fabbricare alcune prove false, volte a smentire la tesi della legittima difesa, prima dell'arrivo della polizia. Ma il bravo ispettore Hubbard (il nostro Williams, che aveva avuto la stessa parte anche nello spettacolo di Brodway, grazie alla quale aveva vinto l'anno prima il Tony Award) intuisce che qualcosa non torna e riesce, grazie alla collaborazione dell'amante della donna, a dimostrare la verità.
Capolavoro Hitchcockiano, è il film in cui Williams ha più campo e visibilità. Fu anche uno dei pochi film che il regista inglese girò in stereoscopia (l'antenata del 3D, aspirazione del cinema da quando è nata la televisione, poiché sarebbe stata un'escusiva del grande schermo, una possibilità di concorrenza). Hitch non amava il formato stereoscopico, ma lo sfruttò con abilità per una scena davvero ingegnosa: fece installare una telecamera in una buca della stanza in modo da riprendere da altezza pavimento nella scena in cui il marito coprendo col corpo il cadavere del killer alla vista della moglie è intento a nascondere una prova importante.


In Caccia al Ladro, John Williams è Henry H. Hughson, l'agente assicurativo che contatta John Robbie e gli fornisce i nominativi delle donne con i più costosi gioielli della Costa Azzurra, aiutandolo poi a più riprese a dimostrarsi innocente. Divertenti i siparietti con Grant: la scena del mercato dei fiori, la colazione, con lo scambio di battute sulla cuoca e sulle speculazioni assicurative, le scene dell'albergo, quando l'assicuratore regge il gioco a Robbie, che si spaccia per ricco americano davanti alle due Stevens, mentre cerca di studiare le mosse del nuovo Gatto.

  

Poiché i film citati valgono davvero la pena di essere visti, consiglio a chi legge la loro visione e la conoscenza di John Williams, che sa essere un intrattenitore davvero piacevole.

venerdì 15 agosto 2014

Icone di ieri: Hollywood piange cinque grandi scomparse

Dopo la notizia del giorno prima, del suicidio di Robin Williams, impiccatosi con una cintura a 63 nella sua casa in California, il 13 mattina ginge quella della scomparsa anche della quasi novantenne Lauren Bacall, a causa di un ictus.
Anche se la maggioranza dei miei coetanei non la conosce, Lauren Bacall ha ampiamente contribuito a fare la storia del cinema.

Nasce a New York da genitori ebrei, provenienti dall'europa dell'est. Esordisce presto nel mondo dello spettacolo: prima modella, poi, notata dal regista Howard Hawks per la sua bellezza, a 19 anni attrice, a fianco addirittura di Humprey Bogart, divo del momento, in Acque del Sud del 1944.
Pur avendo lui 44 anni, cioè venticinque più della Bacall, i due attori si innamorano. Ma sul serio: si sposano l'anno successivo, hanno due figli e restano insieme fino alla morte dell'attore, avvenuta dodici anni dopo, rimanendo nell'immaginario collettivo come una delle più belle coppie di tutti i tempi, immortalati per sempre nei film girati assieme (Il grande sonno, La fuga, L'isola di corallo). Anche se si risposò negli anni '60, con Jason Robards, dal quale avrà un figlio, Lauren Bacall ha sempre affermato che Bogart è stato l'unico amore della sua vita.
Altri film dell'attrice sono La donna del destino, con Gregory Peck, Assassinio sull'Orient Express, del '74, di Sidney Lumet, ottimo adattamento del giallo di Agatha Christie, con un cast strepitoso e L'Amore ha due facce di Barbara Streisand, che le valse una nomination all'Oscar, non vinto. Questo le fu invece attribuito nel 2010, come oscar alla carriera


Dall'inizo del 2014 le morti che si possono leggere su Wikipedia sono moltissime, anche di attori, attrici, registi del cinema di tutto il mondo.
Abbiamo ricordato la morte per overdose di Philip Seymour Hoffman, del 2 febbraio, commemorata per altro nella cerimonia dei BAFTA del 16 febbraio.
Abbiamo parlato delle scomparse di Robin Williams e Lauren Bacall in questi giorni.
Quest'anno ci hanno lasciato altri due grandi miti: Bob Hoskins, che aveva 71 anni quando lo ha stroncato una polmonite il 29 aprile, ed Eli Wallach, che è morto il 24 giugno a 98 anni.
Le immagini di questi due attori, ottimi caratteristi, sono strettamente legate entrambe a due personaggi in particolare: per Bob si tratta dell'investigatore Eddie Valiant in Chi ha incastrato Roger Rabbit?, mentre per Eli del personaggio del Brutto, Tuco, nel leoniano Il buono, il brutto e il cattivo, western in cui affianca Clint Eastwood e Lee Van Clif.


Hoskins era un attore di formazione teatrale, inglese, che ha saputo rivestire ruoli assai diversi: il malvivente di Mona Lisa (1986), che lo candidò all'Oscar e gli fece vincere BAFTA e Golden Globe; Spugna in Hook, recitato con Robin Williams e Dustin Hoffman; il direttore artistico in Lady Henderson presenta, per il quale è candidato a un secondo Golden Globe; Super Mario nel film che è l'adattamento del celebre videogioco; e ancora interpreta Berija, il capo della polizia segreta russa, J. Edgar Hoover, Chruščëv; per la televisione italiana diventa Giovanni XXIII, Benito Mussolini e Geppetto nel Pinocchio di Sironi.
Dal buono al cattivo, dal tragico al comico Bob Hoskins tenta tutto con grande flessibilità.
Ci prova anche come doppiatore: l'orsacchiotto Teddy in Teddy e Annie e nel suo sequel, Boris l'oca in Balto, il cane Winston in Garfield 2.
Rinuncia alle scene nel 2012, quando scopre di essere affetto dal morbo di Parkinson.

Wallach nasce e muore a New York. La sua formazione avviene presso l'Actor Studio, il celebre laboratorio artistico che fondò il regista Elia Kazan e che adottava il metodo Stanislavskij, l'approccio al personaggio partendo dalla sua analisi psicologica. Curiosamente Wallach condivide con Lauren Bacall le origini ebree e polacche, la nascita a New York, la frequentazione di questa scuola e un Oscar alla carriera, che a lui viene attribuito nel 2011.
Interpretò I magnifici sette Gli spostati, La Conquista del West, Come rubare un milione di dollari e vivere felici, I quattro dell'Ave Maria, Il padrino - Parte III; in anni più recenti: Mystic River di Eastwood, L'amore non va in vacanza, L'uomo nell'ombra, Wall Street - Il denaro non dorme mai.
Compare anche in televisione: La signora in giallo, Alfred Hitchcok presenta, ER e altri. Esce di scena nel 2010, a 85 anni.

Ecco: cinque scomparse memorabili quest'anno.
Altre ce ne sono state l'anno scorso, quello prima...passano gli anni e, come è logico, gli attori e le attrici se ne vanno, come tutti. Possiamo seguire le loro vite da lontano, tramite i giornali, internet, i film; possiamo rallegrarci dei loro successi e dispiacerci della loro perdita e dopo la loro morte alcuni li rimpiangeremo, ma continueremo ad apprezzarli riguardandoli in vhs o dvd. E diventeranno immortali.

giovedì 14 agosto 2014

Addio, amico di tutti

In questi giorni, in queste ore ognuno sta dando il suo addio a Robin Williams. Ciascuno a suo modo ricorda uno dei più amati attori di tutti i tempi.
Scriviamo post, ricordiamo citazioni, guardiamo i suoi film, carichiamo foto.
Quasi non esiste qualcuno che, oggigiorno, non lo conoscesse, non avesse visto un suo film, non lo adorasse.
Era parte delle nostre vite: ne faceva parte senza che ce ne rendessimo conto. Era un ricordo di infanzia, era un idolo, era il nostro attore preferito, esisteva una sua immagine in ognuna delle nostre menti, perché le cose belle non si dimenticano e nessuno poteva scordarsi il suo volto o la sua voce dopo averne visto un film, mai più. Quegli occhi azzurri, in cui potevi leggere l'onestà, la gentilezza, l'altruismo, il naso lungo, la bocca sottile erano e sono scolpiti nella memoria. La sola apparizione di quel viso garantiva un sorriso: oh, c'è Robin, questo film sarà sicuramente divertente!

Questo piccolo post è il mio modo per ricordarlo e dirgli addio: è uguale a quello che avranno scritto molti altri suoi fan, ma tutti noi sentiamo necessario esternare il dispiacere sincero che ci ha avvolto quando ci è arrivata la notizia. Lui era unico e unico è il dolore che proviamo per aver perso il suo talento, il suo umorismo, la sua persona gentile. Non è un lutto come gli altri: non è prendere atto che un grande attore ci ha abbandonati perché è inevitabile che tutti -noi comuni anonimi e loro stelle dello spettacolo- se ne vadano.
Questa perdita ci ha coinvolti di più. Lui non poteva passare indifferente. Alla notizia della sua morte non era ammissibile sentire qualcuno domandare chi fosse, che film avesse fatto. Era come un vecchio amico. Era amico di tutti noi pubblico.
Robin Williams era i mille volti di un uomo normale, simpatico sopra la media naturalmente. Era sempre un eroe sul grande schermo, come Gregory Peck, come John Wayne, ma degli anni 2000.
E la sua tragedia, quella di un uomo amato, anche da chi non lo conosceva, risulta ancora più grande. Inconcepibile che l'uomo che ci ha fatti tanto ridere, emozionare fosse arrivato a un punto di depressione così grande da spingerlo a togliersi la vita.

Non mi ripropongo di ripercorrere la sua lunga carriera, che in fondo è ben nota e per altro descritta su Wikipedia o su qualsiasi articolo uscito in questi giorni.
Vorrei condividere piuttosto i momenti più belli che mi ha personalmente regalato, quegli spezzoni che mi hanno commosso o divertita di più, i film che sono stati per me i più importanti e i più belli.


L'altra sera Canale 5 riproponeva Patch Adams in seconda serata. In primo luogo mi ha fatto uno strano effetto nostalgico vedere recitare assieme Robin e Philip Seymour Hoffman e pensare che questi due meravigliosi geni della recitazione ci hanno lasciato entrambi quest'anno in due modi uno più triste e misero dell'altro.
In secondo luogo mi sono ricordata che questo film fu una vera ispirazione, quando altre motivazioni non c'erano, a spingermi avanti nel mio personale percorso universitario, che per l'appunto prende corpo nella facoltà di medicina. In particolar modo il discorso finale che Patch-Robin rivolge ai suoi "giudici" ricalca quello che secondo me davvero dovrebbe essere lo spirito di un medico, la vocazione umanitaria a salvaguardare il suo paziente dalla tristezza e dal degrado, prima di tutto; questo discorso quindi mi emoziona in modo particolare.


Un volto che a Robin Williams si fa fatica ad attribuire è quello del cattivo. Ma nel suo folto repertorio ci sono alcuni ruoli noir, che, grazie alla sua versatilità, ha svolto in modo estremamente credibile:  l'assassino Walter Finch in Insomnia, di Cristopher Nolan; l'instabile Sy Parrish di One Hour Photo, film veramente ben fatto, degno di un Hitchcock, e che mi ha davvero elettrizzata; l'ambiguo Jakob il bugiardo.


Il mio film preferito, però, nella lunga carrellata di film che costituiscono la sua carriera, è Mrs Dubtfire, di Chris Columbus, regista con cui girò anche l'Uomo Bicentenario, perla di dolcezza, che pure ha diritto a un posto tra i miei preferiti.
Tutti sanno di cosa si tratta: la storia commovente di un padre, un po' irresponsabile, ma enormemente innamorato dei suoi figli, tanto da elaborare lo stratagemma di camuffarsi da anziana tata per poterli vedere e stare con loro. è un film magnifico, come molti di quelli firmati Columbus, ricco di gag esilaranti e di momenti così emozionanti da continuare a strapparmi lacrime ogni volta che lo rivedo.


I video più condivisi nelle ultime ore sono indubbiamente il discorso che Robin Williams rivolge, nei panni di psicologo-mentore, a Matt Demon, in Good Will Hunting, che gli valse l'oscar come migliore attore non protagonista nel 1998 e il celebre "Capitano, mio capitano" che gli studenti rivolgono al professor Keating ne L'Attimo Fuggente.


Non può sentirci, non può leggerci, ma, se potesse farlo, forse anche lui ci direbbe "grazie figlioli di dimostrare quanto sono stato importante per voi con il mio lavoro, quanto mi avete amato e continuate a farlo". Poiché una cosa è certa: che nei nostri cuori, Robin Williams vivrà per sempre.

domenica 10 agosto 2014

Viaggio nel mondo Disney: Maleficent

Colgo l'occasione, dopo aver rivisto e ricordato  "La Bella Addormentata nel Bosco", per parlare del successo  "Maleficent", uscito nelle nostre sale il 28 maggio 2014.


Appena lanciato il trailer, lo scorso novembre, l'attesa per questo film fu altissima.
La curiosità di vedere Angelina Jolie recitare un personaggio tanto negativo nella letteratura fiabesca, immensa. E il successo di botteghino è stato infatti strepitoso.
Maleficent è la revisione della classica storia della Bella Addormentata dal punto di vista della cattiva. Tale e tanto il carisma che Disney seppe infondere alla sua Malefica, da spingere i produttori Disney in questa curiosa avventura.
Il film vuole riscattare il personaggio, costruirgli un passato, conferirgli uno spessore sentimentale che ne giustificasse l'agire. Insomma tanta eleganza, tanto fascino, tanto savoir fare e pure tanta sottile ironia non potevano assolutamente appartenere alle "Forze del Male".
Così si decide di fraintendere il personaggio, si stabilisce che, necessariamente, Malefica deve essere una buona, convertita in vendicativa furia da un tradimento subito nel suo oscuro passato. E si sceglie per interpretarla un'attrice adorata dalle folle, bellissima, elegante, buona e brava, che forse ricalca anche nella sua vita privata il percorso che i produttori hanno pensato per Maleficent (da irrequieta ribelle a madre devota ai figli, suoi e adottati, ambasciatrice umanitaria).

La storia, raccontata dalla Bella Addormentata stessa, inizia nell'infanzia della protagonista.
Nella storia ci sono due regni confinanti, quello degli uomini, assetati di potere, governati da un re, e quello di magiche creature che vivono in armonia, senza necessità che siano governati da nessuno. Una di queste creature magiche alate è Malefica, destinata a diventare la più forte tra queste creature, in virtù delle sue potenti ali, e la Guardiana a difesa del regno.
Ancora ragazzina, spensierata, buona, felice, incontra Stefano, orfano povero, introdottosi dal regno degli uomini a quello delle creature magiche per rubare una pietra. Ma, restituita indietro la pietra, guadagna la simpatia di Malefica. I due diventano amici e, col passare del tempo s'innamorano. A 16 anni si scambiano quello che Malefica considera "un vero bacio d'amore".
Ma crescendo le cose cambiano. Si allontanano. Malefica non ha più notizie di Stefano, preso anch'esso dalle ambizioni degli uomini, servitore del re. Intanto anche la giovane fata è occupata nella difesa del regno, che il re degli uomini tenta invano di attaccare, sempre respinto dalla Guardiana e dalle creature che combattono insieme a lei. Il re degli uomini, ferito a morte in una battaglia, promette di lasciare il suo regno e la figlia a colui in grado di uccidere la Guardiana. Stefano, acciecato dall'ambizione, sebbene combattuto dal legame che lo aveva unito a Malefica nel passato, torna a farsi vivo con lei allo scopo di ucciderla per ottenere il trono. L'avvicina con la scusa di volerla avvertire e, riguadagnata la sua fiducia dopo gli anni di separazione, la fa addormentare. Solo uno scrupolo dell'ultimo momento lo ferma dall'ucciderla. Decide però di neutralizzarla: le taglia le ali e le porta via con sé per provare al re la sua impresa. Alla morte di quest'ultimo, ne sposa la figlia e diventa re.
Dal canto suo Malefica, al risveglio, si vede tradita, ingannata, ferita gravemente dall'amputazione delle due ali che la indebolisce, tanto da costringerla a utilizzare un bastone come sostegno. Scatta dentro di lei un cambiamento forte: perduta ogni fiducia nel prossimo, scurisce il suo cuore e costruisce una barriera tra questo e il mondo, tra il regno delle fate e quello degli uomini. Salva un corvo da un cacciatore, lo trasforma in uomo e gli propone di servirla per sdebitarsi: Fosco, tramutato all'occasione in uomo o in qualunque altra bestia, diviene suo unico alleato. Col bastone e il corvo, Angelina Jolie, già truccata alla perfezione, incarna veramente la strega del cartone, sprigionando un fascino incredibile e restituendo pienamente l'immagine della disneyana Malefica.


Avvolta dall'odio e dal risentimento, Malefica altera l'equilibrio del regno fatato in cui ora viene temuta e rispettata come una regina. Le cose si complicano alla nascita della figlia di Stefano. Dalla rabbia e dalla gelosia nasce un desiderio di vendetta.
Ricongiungendosi alla versione conosciuta, Malefica si presenta alla festa per il battesimo di Aurora, lamentando l'omissione di un invito per lei. Ricalcando fedelmente la scena del cartone del 1959, la sua venuta interrompe la formulazione dei doni da parte delle tre buone fate, qua chiamate Fiorina, Giuggiola e Verdelia. Malefica coglie l'opportunità per lanciare a sua volta il suo incantesimo, ricalcando quasi parola per parola la profezia del cartone:
“La principessa, invero, crescerà in grazia e bellezza, tutti quelli che la conoscono la ameranno. Ma, prima che il sole tramonti sul suo sedicesimo compleanno, ella si pungerà il dito con il fuso di un arcolaio e cadrà in un sonno simile alla morte.”

Malefica precisa che nessuna forza "di questo mondo" potrà annullare l'incantesimo tranne, aggiunge sprezzante dopo essere stata supplicata da Stefano, "il bacio del vero amore" che lei, ormai, non crede possa esistere, scartando di fatto la possibilità che possa essere annullato il maleficio.


Sempre secondo copione, Stefano ordina il sequestro di tutti gli arcolai del regno, da rinchiudere nel castello, al sicuro, e consegna la figlia alle tre fate presenti al battesimo affinché la tengano nascosta fino al giorno dopo il compimento dei 16 anni.
L'aderenza alla fiaba classica finisce qua. A differenza di quanto ricordavamo dai ricordi d'infanzia, le tre fate non sono affatto capaci di crescere la bambina: distratte, imbranate, pasticcione, inaffidabili e per niente simpatiche, rischiano di fare morire la bambina di fame o di freddo. Paradossalmente è Malefica a sorvegliare la situazione e a impietosirsi, tanto da cominciare a correggere gli errori delle fate e a controllare a piccola distanza la crescita di Aurora, assicurandosi che cresca bene. Manco a dirlo, le si affeziona.
Poco tempo prima che compia sedici anni Malefica porta Aurora nel regno fatato al di là della barriera da lei stessa costruita. Non si rivela alla ragazza come colei che le ha inflitto un maleficio mortale, le lascia invece credere di essere la sua fata madrina, convinzione che la ragazza nutre, ricordando come la sua caratteristica ombra l'ha accompagnata fin da quando era piccola. La ragazza le dimostra a sua volta una simpatia e un attaccamento che la inducuno a tentare di annullare l'incantesimo, dimenticandosi però che nella sua stessa formulazione lei stessa lo ha reso impossibile da parte di una forza qualsiasi di questo mondo.
Avvicinandosi il giorno del sedicesimo compleanno cresce l'ansia di Malefica, che sa che non può nulla per evitare il destino che aspetta Aurora e che lei stessa le ha procurato.
Intanto re Stefano, torturato da rimorsi, fantasmi del passato, ansie del presente, in questi anni ha perso completamente la ragione. Ossessionato dal pensiero che la figlia morirà per opera di Malefica e che si renderà sicuramente necessario uno scontro, passa i mesi pianificando attacchi e controattacchi contro Malefica.
Giunto il compleanno di Aurora, la principessa incontrerà il principe Filippo (che non ha niente del valoroso cavaliere disneyano, anzi sembra più una giovane pop star) e scoprirà la verità riguardo Malefica. Alla resa dei conti esisterà il vero amore o come crede Malefica non è che una pura illusione? Da un incontro momentaneo come quello dei due principi può davvero scaturire il vero amore che salverà Aurora? C'è un altro amore, oltre a quello raccontato dalle fiabe, più forte, più autentico, più duraturo?

Il film in sé è piuttosto piacevole: scorre sufficientemente bene, gli effetti speciali sono apprezzabili (non manca un bel drago) e, se prendiamo la curiosa variante di una Malefica più buona, senza offenderci per aver sconvolto il senso della fiaba che conoscevamo, è un film godibile per una serata non impegnata.