martedì 19 gennaio 2016

Macbeth, un aborto di buone intenzioni


Uscito nelle sale italiane il 5 gennaio, il film era annunciato da un trailer estremamente incoraggiante sulle qualità del prodotto che invitava ad andare a vedere.



Purtroppo però, Macbeth è stata un'esperienza abbastanza deludente.
Le prime scene del film sono promettenti. Oniriche.
Il funerale del figlio piccolo di MacBeth e signora. Le scene della battaglia tra gli stanchi uomini di Re Duncan, guidati da Macbeth, barone di Glamis, e l'esercito di Macdonwald, il ribelle che ha tradito il re di Scozia. Le inquadrature sono bellissime, straordinarie scenografia e fotografia.
Il regista sceglie un'alternanza tra scene a velocità normale, con gli uomini che gridano e corrono verso il nemico, e scene in sospensione, estrapolate dalla battaglia affinché sia la musica a renderne la drammacità. Scelta non proprio originalissima e neanche del tutto riuscita. Se ne apprezza però l'intenzione di voler rinnovare l'opera Shakespeariana con questa scelta di una fotografia potente e bellissima e di un montaggio se non avanguardista, quantomeno fresco, odierno.
Decisione che pare in contrasto con le scene che seguono: l'incontro con le tre (che in verità nel film sono quattro e divengono poi cinque) Sorelle Fatali, Re Duncan che decide di premiare Macbeth per la vittoria, nominandolo Barone di Cowdor, la discussione tra il protagonista e il compagno Banquo, gli inviati del re che portano a Macbeth il suo nuovo titolo. Dialoghi Shakespeariani. Nell'inglese di William Shakespear, reso in un doppiaggio italiano che lo rappresentasse il più fedelmente possibile. Uno strano mix che accoppia una tecnica di oggi a un ritmo molto lento, più lento del ritmo del testo testrale (soporifero dati gli effetti sulla sala) e una sceneggiatura che vorrebbe essere classica ma perde invece quello che avrebbe voluto e dovuto tenere dell'opera originaria.
Estenuante arrivare alla fine del primo tempo: il convincimento dell'eroe a divenire antieroe per adempiere al fato che le Streghe gli avevano annunciato e ai suoi stessi desideri di assecondarlo, sulla spinta di Lady Macbeth, che si fa serpente e lo incoraggia a cogliere la mela che lo porterà alla dannazione (ed è qui che il film si guasta); l'assassinio di Duncan e la fuga del principe Malcom.
Un po' meglio il secondo tempo: si salva il finale sul campo di battaglia, che torna a essere godibile grazie alla fotografia e alle scelte sceniche; lo scontro con McDuff e il compimento delle profezie delle Sorelle (che funziona grazie alla meraviglia del testo di Shakespeare, non tanto per gli autori del film); meno convincente l'ultima scena con la contrapposizione tra Malcom e Flaer, figlio di Banquo.
Ma il film s'inceppa anche nel secondo tempo. Non sulle scene di azione, ma sui dialoghi, che non colgono mai la vera anima dei personaggi e del testo.
Per quanto capaci gli interpreti, i veri coniugi Macbeth sono quasi fraintesi.
Galleggia sulla sufficienza Macbeth, forse grazie a Fassbender, che dà un'ottima prova di sé. Molto peggio va a Lady Macbeth, trattata malissimo non tanto da Marion Cotillard (bravissima, anche se un po' uguale a sé stessa nelle ultime interpretazioni prestate) quanto da chi ha deciso di farle recitare prima la donna assetata di potere, priva di scrupoli, poi la pentita che inorridisce davanti alle azioni del marito, infine la pazza, senza però lasciare capire il tormento dell'anima peccatrice, la dannazione che le porta l'omicidio che l'opera originale sapeva ispirare.
Snaturati. Non tanto i personaggi secondari, verso i quali giustamente siamo portati a tifare; ma i personaggi principali vengono appena scalfiti, tratteggiati, senza che se veda l'anima. Senza che li si possa amare o capire fino in fondo. E forse è questo che fa fallire il film e abortire la spinta innovatrice che si proponeva di dare.

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