domenica 31 gennaio 2016

La Lenta Scommessa

Appena uscita dalla sala cinematografica, l'impressione a caldo su La Grande Scommessa non è delle più positive.



Quest'impressione si deve a quattro punti.
Primo punto. Il film racconta la storia di come il mercato immobiliare americano e il mercato che ci speculava sopra crollò, come sappiamo tutti, nel 2008, portando alla più grossa crisi mondiale dal '29 in poi. Nei tre anni precedenti il crollo alcuni studiosi di economia capirono da certi segnali ciò che sarebbe avvenuto. Predirono che il mercato immobiliare, basato su CDO (obbligazioni di debito collateralizzate), cioè su obbligazioni che si basavano sui debiti di mutui non pagati, sarebbe fallito. Questi economisti che se ne accorsero decisero di scommettere contro il sistema, investendo in CDS
(credit default swap). In parole semplici: se, contro ogni buon senso, il mercato immobiliare fosse fallito davvero, chi aveva investito in queste azioni sarebbe stato ripagato dalle banche. Se avevano ragione, avrebbero vinto, facendo un sacco di soldi.
Il punto focale del film era far capire quanto cinici e disonesti fossero i meccanismi e i protagonisti di questa enorme truffa ai danni di tutti. E, maledizione, ci sono riusciti.
Attraverso gli occhi degli outsiders che specularono sul fallimento dell'economia americana e mondiale, il disgusto per il marciume che viene raccontato sale mentre scorre il film e, all'uscita dalla sala è massimo. Lo sconforto è il sentimento che predomina a caldo, il motivo per cui non piace.
Non è che non piace il film; non piace la storia, perché il seguito è stato drammatico e ancora ci riguarda.
Non è colpa del film se l'argomento è scomodo. Il film riesce benissimo nel suo scopo e quindi è, in verità, un punto a favore. La verità è spiacevole e come si dice nel film, non si ha voglia di farsela raccontare raccontare.
La pellicola si propone di spiegare al pubblico questi complessi meccanismi economici nel modo più accattivante possibile e questo porta a tre sconvenienti, che costituiscono gli altri tre motivi per cui il film non mi è piaciuto.
Secondo punto. Per quanto sia raccontato il più semplicemente possibile, non risulta pienamente chiaro lo stesso. Quantomeno risulta comunque molto faticoso seguire tutti i passaggi. Almeno per me, che l'economia la conosco molto approssimativamente solo da tg ed editoriali. Anche in questo caso non è colpa del film. Solo che racconta meccanismi molto complessi, che ci (mi) fanno percepire tutte le lacune sull'argomento.
Terzo punto. Per aiutare il pubblico a digerire il soggetto, la regia si serve di molti trucchetti (quali inserire scenette di personaggi fuori storia, che rispiegano qualche argomento) e un montaggio super ruffiano che risultano assolutamente irritanti. Più fastidioso ancora lo stile di ripresa, che cambia di continuo lo zoom sui personaggi sulla stessa scena.
Quarto punto. Il montaggio stesso e la regia, che sono i punti forti del film in teoria, entrambi infatti candidati agli Oscar, rallentano molto il ritmo del film, in maniera del tutto inaccettabile. Non esiste nessun motivo per cui un film debba essere lento. E questo è parecchio lento.



Molto valido invece il cast: particolarmente Christian Bale, sempre all'altezza del personaggio, è così camaleontico che può ricoprire qualsiasi ruolo; ancora più bravo, secondo me, Steve Carrel, con un personaggio pìù sfaccettato e complesso; simpatico anche il personaggio di Brad Pitt, anche se meno impegnativo; meno brillante Ryan Goslin; riuscite anche le performance di Jeremy Strong, John Magaro, Finn Wittrock, Hamish Linklater, Rafe Spall. E il cameo di Melissa Leo è strepitoso.

E anche la sceneggiatura è ben strutturata, nonostante il triste soggetto.

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