Cate Blanchette
Judi Dench
Amy Adams
Amy Adams
Maryl Streep
Sandra Bullock
Sandra Bullock
Partiamo dalla performance della Bullock in tuta spaziale di Gravity, su cui già avevo espresso le mie perplessità: sola e avvilita nello spazio, fornisce una recitazione buona, ma non da Oscar. Personalmente avrei preferito nella cinquina finalista Emma Thompson, per l'intenso, commovente personaggio della scrittrice P.L.Travers in Saving Mr Banks.
Maryl Streep in August: Osage County dà l'anima a un personaggio molto sfaccettato, una donna con grossi complessi, sviluppati fin dall'infanzia, in un precario equilibro che sembra incrinarsi sempre di più. Brillante prova, sia nelle scene in cui mentalmente si assenta, sia in quelle in cui, offuscata dai farmaci o in una parvenza di lucidità, svela vene di pura cattiveria. Ecco un assaggino:
Amy Adams ha ricevuto negli ultimi anni ben quattro nominations come miglior attrice non protagonista, senza però vincere (the Master, Junebug, Il Dubbio, The Fighter) ma quest'anno è in lizza come attrice protagonista per American Hustle, in cui interpreta la truffatrice Sydney Prosser, innamorata del socio di -loschi- affari Irving Rosenfeld e gelosa della moglie di lui. Scoperti dall'agente federale Richie Di Maso, i due sono costretti a partecipare all'operazione Abscam, realmente realizzatasi negli anni '70 per incastrare alcuni membri del congresso per corruzione. Per venirne fuori i nostri due truffatori dovranno dare il massimo, recitando la loro parte al meglio, specialmente Sydney, che cercherà anche, con successo, di far perdere la testa a Di Maso.
Seducente, furba, innamorata, a tratti furiosa, la Adams rende il suo personaggio il centro del film, tenendo in pugno i due uomini che le gravitano attorno, in un'interpretazione divertente e molto, molto buona. La sua sfortuna, come negli anni precedenti, è quella di avere rivali con interpretazioni ancora migliori della sua (Rachel Weisz; Penelope Cruz; Melissa Leo; l'anno scorso fu l'intensissima interpretazione della splendida Anne Hathaway, quest'anno quella di Cate Blanchette).
Veniamo a Judi Dench, che protagonizza il film basato sulla vera storia di una donna irlandese che, abbandonata in un convento di suore perché rimasta incinta, si vede portare via il bambino dalle stesse suore che vendevano i figli delle ragazze del convento a ricche coppie americane. Cinquant'anni dopo Philomena decide di raccontare la sua verità al giornalista in crisi Martin Sixsmith (Steve Coogan che con Jeff Pope ha ricevuto una nomination per la migliore sceneggiatura non originale), che scriverà il libro da cui è tratto il film. La buffa coppia parte così alla ricerca del figlio perduto tanti anni prima. Philomena è in lizza per l'Oscar, come la colonna sonora preziosa di Alexandre Desplat, che fa da sottofondo.
Se, come me, eravate abituati alla Judi Dench del Diario di uno Scandalo (in cui era co-protagoista con Cate Blanchette), o che interpretava M o la regina Elisabetta I (parte che curiosamente hanno interpretato sia la Dench che la Blanchette), sempre comunque austera, efficiente, piuttosto severa, rimarrete impressionati dalla dolcezza del personaggio di Philomena, ingenua, religiosa, positiva, toccante, ma anche comprensiva e determinata, sorprendente in ogni decisione che prende. Una Judi Dench ancora meravigliosa e capace di adattarsi brillantemente a un personaggio così insolito per lei. Quest'anno purtroppo ha come rivale una Cate Blanchette in forma eccezionale, già vincitrice ai Sag e ai Golden Globes e data per favorita.
Questa è la scena in cui Philomena racconta, animatissima, la trama di un libretto rosa appena terminato a Sixsmith, che non condivide l'entusiasmo della donna per quel particolare genere letterario.
Cate Blanchette è la protagonista dell'ultimo capolavoro di Woody Allen, Blue Jasmine. La storia inizia quando l'elegante, molto altezzosa, Jasmine viene catapultata fuori dal suo dorato mondo (perdendo la sfavillante casa, il bel marito, ricco e di successo, l'attiva vita sociale) dritta nella più umile casa della sorella adottiva Ginger (Sally Hawking), alla prese, questa, con i normali problemi di una donna di ceto medio-basso: il lavoro da commessa, i figli, il nuovo fidanzato abbastanza cafone. La storia del fallimento del marito, interpretato da Alec Baldwin, e del conseguente crollo della vita di Jasmine è raccontato tramite falshback, intercalati nella storia con un sapiente montaggio, che avrebbe meritato una nomination agli Oscar. Tra le nomination ricevute, invece, oltre a quella di Cate Blanchette c'è quella a migliore attrice non protagonista per Sally Hawking (brillante e simpatica, romantica e un po' ingenua, accattivante nel suo essere il contrario della sorella, pur non smettendo di provare affetto per lei e ad aiutarla) e la sceneggiatura originale di Woody Allen.
Jasmine non sa adattarsi alla nuova vita: privata repentinamente di tutto, sebbene si cimenti con scarsi risultati a reinventarsi, la sua mente non regge il peso (nemmeno con l'aiuto di antidepressivi buttati giù a bicchierate di alcol) e continua a cercare la finzione di una vita diversa, prima con l'affascinante Dwight, poi perdendosi in sé stessa. Cate Blanchette è bellissima, semplicemente magistrale nel ruolo della pazza e della snob che guarda con disgusto tutti i membri del piccolo mondo in cui si è ritrovata senza volerlo. Difficile assegnare l'Oscar a qualcun'altra, ma le interpretazioni in nomination quest'anno sono di straordinario livello e tutte meritano di essere viste e apprezzate.
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