lunedì 31 marzo 2014

Viaggio nel Mondo Disney: Walt Disney racconta l'America Latina


Siamo nel 1942 e Walt Disney continua a sfornare un lavoro dopo l’altro e subito dopo Bambi è il turno di un mediometraggio d'animazione collettivo dal titolo “Saludos Amigos”.
Il periodo storico è molto importante, siamo in piena seconda guerra mondiale e molti governi dell’America latina cominciano ad avere sempre più stretti contatti con la Germania nazista. Da qui la decisione di effettuare una propaganda per contrastare questi legami e rafforzare i rapporti con gli Stati Uniti d’America, decisione che coinvolse molte star di Hollywood, tra le più coinvolte Walt Disney, essendo i suoi personaggi molto popolari in quella parte del mondo.


“Saludos Amigos” è il primo risultato importante di quest’obiettivo. Venne organizzato un viaggio che portò Walt Disney in persona e tutta una serie di suoi aiutanti, disegnatori, compositori ad attraversare il sud America, seguendo l’ordine del lungometraggio precisamente in Bolivia, Perù, Cile, Argentina e Brasile, armati di cinepresa, fogli e matite.
Vennero filmate le moderne città di questi paesi, gli abitanti, i loro usi e costumi, le loro tradizioni e parte di queste riprese verrano inserite pari pari nel risultato finale, diventando un vero documentario estremamente interessante. Vera perla di tutta questa parte di lavoro è il vedere all’opera i disegnatori Disney immortalare su carta i luoghi reali che stavano visitando e dando loro ispirazione, come lo è la presenza di Walt in persona che, nella parte di se stesso, attraversa con noi il film e i luoghi che vengono rappresentati.
In alternanza a queste parti documentario abbiamo quattro cortometraggi d’animazione, che rendono il film composto da singoli episodi dai risultati alterni, uniti in un film collettivo, usanza frequente in quell’epoca. Il primo episodio vede protagonista Paperino, turista ovviamente divertente e sfortunato presso il bellissimo lago Titicaca, situato tra Bolivia e Perù. Episodio con voce fuori campo che accompagna noi e Paperino alla scoperta di usi, costumi e paesaggi di questo incantevole luogo, alternato a una vivace e divertente sequenza di gag tipiche dello sfortunato e adorabile Paperino.
Il secondo episodio vede protagonista Pedro, un piccolo aereo cileno, che un giorno ha l’occasione di coronare il suo sogno, diventare un aereo postale ed affrontare i pericolosi viaggi attraverso le Ande per la consegna e il ritiro della posta. Pedro è il primo personaggio completamente nuovo introdotto in questo cartone, un tenero e piccolo aeroplanino ma dal cuore forte, determinato e coraggioso, che ci rammenta di non arrenderci di fronte alle situazioni più dure e pericolose e di non farci distrarre da tentazioni durante il raggiungimento dell’obiettivo; altro protagonista di questo episodio è il terrificante monte Acongagua. Walt riesce quindi, nonostante l’obiettivo propagandistico dell’opera, a inserire lo stesso significati importanti e scene spaventose, elementi che accompagneranno sempre le opere Disney.


Nel terzo episodio abbiamo protagonista il cowboy Pippo che viene teletrasportato nella pampa argentina e messo a confronto con i Gaucho Argentini, nuovamente per impararne e omaggiarne usi, costumi e abitudini, in un episodio che verrà successivamente censurato, con l’eliminazione della scena dove Pippo fuma una sigaretta.
Se fino a qui i risultati sono nel complesso buoni, ma senza le vette che avevano caratterizzato il passato, con l’ultimo episodio il tutto viene recuperato con gli interessi: sicuramente l’episodio migliore del film e tra i migliori e visionari episodi dell’intera filmografia Disney.
Ci spostiamo in Brasile e viene introdotto un altro nuovissimo personaggio, Josè Carioca, un pappagallo antropomorfo di Rio de Janeiro dall’eccezionale carisma, amico di Paperino, ma capace addirittura, in quest’episodio, di superarlo in carica e simpatia.

Omaggio a José Carioca - Disegno di Andrea G.
Nasce una trascinante sequenza a ritmo di samba, con Josè maestro e Paperino allievo e un magico pennello che ricrea in sequenza un acquerello dei paesaggi e delle atmosfere di Rio, sulle note appunto di Aquarela do Brasil, con continue e geniali trovate visive, in un clima festoso.
Josè insegnerà a Paperino e metaforicamente agli Stati Uniti ad apprezzare e vedere sotto un diverso occhio la sua terra e le sue musiche.


Due anni dopo arriverà “I Tre Caballeros”, secondo importante appuntamento per la celebrazione dei popoli e dei luoghi sudamericani, più riuscito del precedente, unendo stavolta live-action e animazione, con straordinari livelli di interazione, per l’epoca, tra cartoni e umani e continue, fantasiose, visionarie invenzioni. Il film è nuovamente composto da episodi autonomi, legati tra di loro da Paperino (qui trascinante, si prende la sua rivincita contro Josè) che apre i regali di compleanno donati dai suoi amici latino-americani.
Il primo regalo è un proiettore cinematografico, che ci mostra un documentario sugli uccelli rari dell'America del Sud e ci introduce direttamente al primo episodio, che vede protagonista Pablo, un freddoloso pinguino che insegue il sogno di raggiungere luoghi caldi, più congeniali per lui.
Subito dopo entra in scena, seppur brevemente, il primo personaggio veramente esaltante introdotto in questo cartone ossia l’uccello Aracuan, un trascinante, pazzo e imprevedibile uccello dalla cresta rossa che in un solo minuto di presenza si guadagna un posto d’onore tra i personaggi Disney.


Il secondo episodio, il Gauchito Volante, racconta la storia di un ragazzo argentino che, durante una battuta di caccia di Condor, trova un simpatico asino dotato di ali dal nome Burrito. Una volta nata l’amicizia tra i due personaggi, assistiamo a una corsa di paese con loro protagonisti, di cui purtroppo nonostante la vittoria vi è l’impossibilità di ritirare il premio finale, causa l’aver barato.
Walt ci ricorda quindi di rimanere sempre onesti verso gli altri, che le bugie non pagano, tema già presentato in precedenza, molto caro alla Disney.
Un nuovo dono aperto da Paperino introduce un nuovo episodio, dove ritroviamo José Carioca, che lo accompagna attraverso Salvador, la capitale dello Stato brasiliano di Bahia. Il ritmo e le trovate del film si alzano in maniera vertiginosa, in un crescendo di musica e immagini per le strade di Bahia al ritmo di samba con Paperino, Josè e attori in carne ed ossa che ballano assieme, in modo ancora oggi coinvolgente, insieme anche a stelle stelle latino-americane del periodo, tra cui le cantanti Aurora Miranda, Dora Luz, e la ballerina Carmen Molina, in lunghe sequenza di balli festosi e di trascinanti corteggiamenti.
Ma qui Paperino si prende anche la sua rivincita nei confronti di Josè, nella scena forse più divertente e delirante del film, degna erede degli elefanti rosa di Dumbo, con lui protagonista assoluto e Josè che se la ride a più non posso, come a decretarne il successo.


Un nuovo dono, arrivato dal Messico, introduce un nuovo straordinario personaggio, Panchito, un gallo antropomorfo messicano. I tre Caballeros del titolo sono finalmente riuniti, e il film può esplodere in allegria, in musica e in geniali trovate che accompagnano la travolgente canzone che li vede tutti protagonisti. Sequenza memorabile.


Con l’introduzione di Panchito ci spostiamo in Messico, attraverso un tappeto volante, in una scena che, secondo me, stona nell’universo Disney, con Paperino gigolò che va a caccia di ogni ragazza presente su una spiaggia. Se l’interazione cartoni umani è come sempre eccezionale e la scena con lui che gioca a moscacieca sulla spiaggia di Acapulco è fantastica, Paperino playboy lascia comunque l’amaro in bocca, essendo molto più legati a un altro Paperino, quello della piccola sequenza nella parte dedicata a Bahia, dove si dimostra timido e impacciato nell’arrossire di fronte alle graziose attenzioni di una tenera fanciulla.
La sequenza successiva vede Paperino dapprima veleggiare nell’aria sulle dolci note della canzone “You Belong to My Heart”, in una meravigliosa e romantica sequenza cantata, che si trasforma poi con lui assoluto protagonista in una nuova una splendida sequenza interazione cartone-umano, con Paperino che balla e canta con una donna. Le trovate fantasiose e geniali, prodotte dall’unione di tutti e tre i protagonisti, sono oramai continue e trascinanti (in questa sequenza abbiamo per esempio dei graziosi fiori e cactus ballerini, alcuni a forma di Paperino) e ci accompagnano fino al al gran finale, con il ritorno trionfante dei tre protagonisti e della canzone simbolo, “i tre caballeros”, a coronare un sublime e pazzo lungometraggio, visionario, pieno di feste, danze, colori, e gag che catalogano il cartone tra i più fantasiosi e riusciti dell’intera filmografia Disney.



Andrea

martedì 18 marzo 2014

Viaggio nel mondo Disney: Bambi

Immediatamente dopo Dumbo, Disney lanciò, nel 1942, la storia di un altro dolce cucciolo che rimane orfano, anzi orfano per eccellenza: Bambi.


Bambi offre una bellissima rappresentazione della Natura, della foresta, dipinta con toni a tratti cupi, a tratti luminosi, anche con bruschi passaggi, come nella scena della pioggia che da Pioggerella di Primavera (come dice la canzone) passa al temporale estivo con lampi e tuoni, risaltati dallo stesso sonoro (candidato, insieme alla colonna sonora e a L'amore è una canzone agli Oscar). Una concezione della Natura nel senso romantico di sublime, grande, selvaggia, meravigliosa, ma anche terribile.
Eppure, com'è giusto che sia in un cartone, anche con una vena ironica, che si manifesta nella buffa descrizione dei personaggi della foresta nella prima scena: lo scoiattolo che torna a coprirsi nel sonno con la coda della mamma, gli uccellini neonati che si litigano la frutta portata dalla madre, il topino che si lava il viso con una goccia di rugiada, l'Amico Gufo, burbero, svegliato dagli altri animali che si recano a vedere il Principino appena nato. L'istintiva tenerezza che ispirano l'espressione timida di quest'ultimo, il suo traballare incerto sulle zampe, cercando di mettersi in piedi per la prima volta, lo rendono già simpatico eroe della storia. Questa è, a tutti gli effetti, una storia di formazione: dalla nascita, alle prime esperienze (i primi passi, le prime parole "uccellini, farfalla, fiore", la prima volta sulla neve e sul ghiaccio con l'amico Tamburino, improvvisandosi pattinatori pasticcioni -disegnati con riferimento a Jane Randalph e Donna Atwood, ice capades-, e nella prateria, luogo dei pericoli che presto conoscerà) sotto la guida della madre che, però, morirà circa a metà film, fino a diventare adulto.
Per questo Bambi è così famoso, impresso nell'immaginario collettivo come orfano, il primo della storia Disney. Ma anche il primo cartone in cui si affronta esplicitamente la morte, dunque forse il più terribile. Anche in Biancaneve e Pinocchio si era sfiorato il concetto, ma era quasi un incantesimo, un sogno da cui ci si risveglia o, nel caso di Grimilde, una punizione meritata. In Bambi, per la prima volta, il senso di perdita non è temporaneo, ma un peso col quale convivere tutta la vita, un indelebile amaro momento che segnerà la rottura con l'infanzia; di più, qua la morte è immeritata e ingiusta, non in seguito a malattia o vecchiaia né cercata con azioni riprovevoli, sfidando il rischio irresponsabilmente, ma gratuita e violenta e questo è veramente molto forte per i bambini, ai quali per la prima volta si spiega la morte con un cartone animato (naturale che abbiano paura di vederlo).
Come precedentemente Dumbo, i protagonisti di questo lungometraggio animato sono animali, in quella che già abbiamo definito una rappresentazione molto reale della Natura, molto più approfondita e veritiera che nel precedente cartone animato, dato che Disney tenne in modo particolare a che i disegni si ispirassero al vero: i disegnatori ricevettero consigli dal pittore Rico LeBrun, studiarono gli animali nello zoo di Los Angeles e una coppia di cervi dalla coda bianca (sarebbero dovuti essere caprioli, la specie protagonista del romanzo Bambi, storia di un capriolo dell'austriaco Felix Salten, ma essendo questi assenti negli Usa, si preferì sostituirli con una specie più conosciuta) furono portati negli Studios appositamente per gli studi dal vivo degli animali (qualcosa di simile accadde successivamente anche per il Re Leone) e il disegnatore Maurice Day trascorse alcune settimane nelle foreste dell'est tra Vermont e Main per studiare l'ambientazione.
Dunque un film in cui non compare l'uomo (in Dumbo, come raccontato altrove, http://ilcinemadigiulia.blogspot.com.es/2014/03/viaggio-nel-mondo-disney-draghi-poeti.html, invece, questo ha una sua importanza), salvo naturalmente il cacciatore, che però non si vede, ma solo se ne intuisce la sinistra presenza e, proprio per questo suo non definirsi, quasi a dire "l'uomo nero", alludendo quindi a qualcosa di malvagio, è tanto spaventoso (specie per i bambini, per cui rimane davvero un "boogieman", collegato alla morte della mamma di Bambi).

"C'era l'Uomo nella Foresta."
Un inciso straordinariamente evocativo, che la madre rivolge al figlio a spiegazione della fuga dalla prateria a cui sono appena stati costretti -bellissima scena di suspense, dove ogni animale impazzisce e inizia una corsa disperata, le figure sul fondale rosso, in un contrasto straordinario, avanguardista con la musica a risaltare ogni istante di panico e di urgenza.
E tanto basta. Con queste sole parole si racconta il cattivo più spaventoso della filmografia Disney, peggiore di Grimilde e della riuscitissima e carismatica Malefica, che almeno avevano un volto. Paradossalmente l'Uomo no, è privato di questi connotati che lo avrebbero reso più umano, meno irreale e minaccioso, bestiale e senza pietà, allusione al pericolo più grave, a cui non si scampa.
Nella lista dei migliori 100 eroi e cattivi della celebre AFI's 100 Years, l'Uomo di Bambi figura alla ventesima posizione tra i 50 cattivi. Anche le disneyane colleghe Grimilde e Crudelia De Mon compaiono rispettivamente alla decima e trentanovesima, a convalidare la fama della Walt Disney per la creazione di cattivi validissimi anche tra i cartoni animati (e io avrei aggiunto anche l'agghiacciante giudice Morton di Chi ha incastrato Roger Rabbit, interpretato da uno stupendo Christopher Lloyod).
Anche se, forse, non il più cattivo in senso assoluto: come ho sostenuto per Dumbo, anche le elefantesse si dimostrano cattive straordinarie, intrise di una perfidia fine a sé stessa; non emblema di morte -come gli uomini per l'animale- naturalmente, ma di una cattiveria gratuita, volta solo a far soffrire l'altro, quasi una tortura psicologica, ma non per questo meno spregevole; la soddisfazione nel godere nella disgrazia altrui, da cui questi esseri traggono forza.
Naturalmente sono due cattivi diversi, accezioni differenti del Male.
E i due film vogliono portare due messaggi distinti, importanti entrambi.
In Bambi sono le conseguenze dell'Uomo nella Natura, raccontate attraverso la storia del dolce cerbiatto.
Passano i giorni felici dell'estate per il piccolo, coccolato da una madre attenta e affettuosa, arriva l'inverno, preceduto dall'autunno, in cui le foglie cadono danzanti come già in Fantasia; poi il freddo, la fame, che spinge madre e figlio a essere incauti, a uscire nella prateria per cercare la prima erba.
Siamo al momento più terribile del film. La madre si accorge di qualcosa, incita il figlio a fuggire. Ancora una volta la musica esalta l'emozione (sarà a questa musica che si ispirò la famosa colonna sonora de Lo Squalo), stavolta l'angoscia della corsa, delle grida della cerva, che perdiamo di vista. Solo quando Bambi arriva alla tana, si accorge che la mamma non c'è. E la chiama. La cerca nella foresta. Ma si imbatte solo nel padre, nel Principe della Foresta, le cui parole, che annunciano la disgrazia, rimarranno nella mente dello spettatore bambino come le più spaventose mai udite:
"La tua mamma non tornerà mai più."

Questo allora l'effetto dell'Uomo. Questa la sola traccia che lasciamo nella Natura: gli spari e il fuoco. Questo ciò che lasciamo permeare di noi nell'ambiente. Distruzione e morte. L'Uomo è cattivo nella sua entità, nel suo essere (umano), creatura distaccata senza possibilità di ritorno dal resto della Natura, dagli altri animali graziosi e simpatici, naive come Bambi e Fiore, mentre al contrario noi siamo calcolatori, brutti, terrorifici: mostri.
Dunque Bambi è un film "ambientalista", una denuncia dell'opera umana che turba un equilibrio altrimenti perfetto.E infatti l'immagine del cerbiatto fu adottata nelle campagne ambientaliste antincendio, subito dopo l'uscita del film (Disney accordò il suo utilizzo per un anno) e poi di nuovo nel 2006, all'uscita del seguito, Bambi 2. E ancora, fugace cameo, madre e figlio compaiono nel cortometraggio Paperino: la stagione di caccia, nella scena in cui la cerva esorta il figlio ad allontanasi, data la presenza dell'Uomo che ha inquinato il torrente con i suoi rifiuti e si prepara alla caccia.
Ancora una volta non solo una bella storia che commuove (e spaventa), ma uno sviluppo di temi molto importanti attraverso il colore, attraverso l'avventura, attraverso l'animazione, che è pura magia, non solo per i bambini, ma anche per gli adulti; è insegnare i veri valori ai più piccini, ma anche ricordarli a chi è veramente responsabile, a chi può fare; è provocazione, che portò, infatti, a Disney tante critiche (specie delle associazioni di cacciatori), che non aiutarono a vendere il film alla sua uscita, avvenuta nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, tanto che anche stavolta l'industria Disney perse denaro e ricominciò a guadagnare solo con la riedizione del 1947.
Che fortuna per gli spettatori e sognatori, di ieri e di oggi, che Walt abbia continuato a credere nei suoi progetti, nel grande sogno di fare cartoni animati, che fortuna che mai si sia arreso nonostante gli scarsi guadagni e le critiche dei primi anni!
Ma quest'opera è anche divulgazione e lo è attraverso una forma di espressione nuova e creativa e, soprattutto, bella, attraverso un altro linguaggio, diverso dalla parola, potente solo come l'immagine e la storia raccontata, che coinvolge, emoziona e rimane -passata, presente e futura testimone di un pensiero e di un idea- e quindi è arte.


Divertente la versione animale dell'Innamoramento che s'impadronisce degli animali, sulle note della Canzoncina Primaverile, o, meglio detto, Rincitrullulimento, fenomeno raccontato dall'Amico Gufo come un racconto di paura; ma anche la raffigurazione del potere femminile di ammaliare, che esercitano le rispettive compagne di Fiore, Tamburino e Bambi (fascino più esasperato nella coniglietta, già archetipo a cartoni della femme fatale, prima ancora di Jessica Rabbit).
Ma torniamo al percorso di formazione di Bambi. Il piccolo se ne va col padre. Cosa gli accade nei mesi che trascorre sotto la guida del Principe della Foresta non è dato sapere, anche se è tema del midquel Bambi 2, che uscirà 64 anni dopo l'originale, nel 2006, con disegni molto belli, anche se profondamente diversi da quelli del primo film, una colonna sonora che parte dall'originale, arricchita di nuove, brillanti canzoni, ma con una trama (il rapporto padre-figlio, la crescita di Bambi, il superamento della condizione di orfano) un po' banale e forzata, nell'ottica della storia del primo Bambi. Spiacevole anche il doppiaggio. Potete evitarlo.


A primavera però fa ritorno tra gli amici, che non l'avevano più visto (anche se nel film del 2006 pare il contrario). Adesso è irriconoscibile, cresciuto, con un bel palco di corna, ma anche maturato, come dimostrerà presto. E per prima cosa s'innamora. Di Faline, l'amica d'infanzia. E questo lo porta al suo primo scontro con un altro maschio (in Bambi 2 si fa risalire la rivalità tra i due cervi all'infanzia, dando un'origine al cerbiatto Ronno, che così non è un estraneo al momento del duello). Ancora una volta l'accoppiata sonoro-disegni (le sagome buie dei due maschi che lottano, cadono, si rialzano, tra zampate e colpi di corna su un fondale arancio) è stupenda.
Bambi ha la meglio e, maestoso come il padre, vincitore, si staglia sulla rupe da cui cade lo sconfitto.
Ma Bambi dovrà fronteggiare presto un'altra prova: la tranquilla vita con Faline (che il film celebra con la dolce Io canto per te) è di nuovo messa in pericolo dall'uomo, che torna a cacciare nella foresta. Gli animali si nascondono. La tensione è altissima: una tortora perde la testa a causa della paura -il paragone non può che essere con un film horror- e, uscita allo scoperto troppo presto, è la prima vittima. Si scatena il panico e la fuga degli animali. Bambi ha raggiunto il padre che lo informa dell'uomo e della necessità di scappare, ma è separato da Faline, inseguita da feroci cani da caccia. Riesce a trovarla e ad allontanare da lei le bestie, ma viene ferito. Poi giunge il fuoco. Bambi è sfinito, ma su esortazione del Principe della Foresta, raccoglie le forze necessarie per mettersi in salvo, con gli altri animali, sulla riva di un fiume.
Bambi si dimostra dunque all'altezza del padre: ha imparato a combattere, a difendere la compagna, a essere forte e responsabile davanti al pericolo e alle difficoltà, guida per gli altri animali della foresta. Lasciato alle spalle il cucciolo indifeso per cui tutto il mondo ha pianto, è "uomo" (inteso come maturità) e Principe della Foresta; è padre, adesso, e guiderà il nuovo Principino. Il cerchio della vita non si ferma mai.

Avvertenze: il doppiaggio originale italiano del 1948 (quello delle vhs prodotte dall'inizio -1992- al 2005), seppure con alcune storpiature rispetto al doppiaggio americano (viene "normalizzata" la parola rincitrulloliti e l'Amico Gufo dichiara che parlava di Bambi a degli amici, non a sé stesso, ma soprattutto il Principe della Foresta, annunciando al figlio la morte della madre, alla famosa frase già citata aggiunge "L'uomo l'ha portata via. Devi essere coraggioso. Devi imparare a vivere da solo"), a mio giudizio è superiore, per le canzoni originali e per i doppiatori di pregio, specie Olinto Cristina come Amico Gufo, a quello di vent'anni dopo (1968), che è registrato sulle vhs e dvd dal 2005. Questione di gusti.

lunedì 10 marzo 2014

Viaggio nel mondo disney: draghi poeti ed elefantini volanti

Nel 1941 fu prodotto dalla Disney un film assai particolare: alcuni cortometraggi animati, misti a frammenti illustrativi della creazione degli stessi cartoni Disney (nei vari reparti si poteva sbirciare la lavorazione di Bambi, Dumbo, Peter Pan, etc...), il cui insieme prendeva il nome dal corto (o meglio "mediometraggio") Il Drago Riluttante - la divertente parodia, che Robert Benchley, ispiratosi al racconto di Kenneth Grahame, presentò a Walt Disney, di un eroe e il suo antagonista, molto diversi dai tipici personaggi delle fiabe classiche medievali, ma anche molto più simpatici.


La stessa idea di mostrare la produzione degli Studios fu di Benchley, che la espose a Disney dopo aver fatto un breve tour degli stessi ambienti in cui si disegnavano e si montavano i cartoni, quando presentò il corto del sovrappeso, poetico, drago blu.
Questo prodotto non ha mai avuto una diffusone o una fama paragonabili ai Classici più conosciuti, fenomeno spiegabile sia per la forma originale di produzione (la tecnica mista, l'assenza di un filo connettore tra episodi sconnessi e infatti "confezionati" anche singolarmente, al contrario di Fantasia, che era comunque un'organica antologia musicale), sia per la tarda edizione -esclusivamente cinematografica- italiana: non uscì prima del 1951 e in vhs furono rilasciati solo gli episodi Come andare a cavallo e Il Drago Riluttante; non ebbe, però, maggiore fortuna nemmeno negli Stati Uniti.



Nel 1941, però, Walt Disney investì anche su un altro progetto, che ebbe molto più successo: la storia dell'elefantino dalle gigantesche orecchie, che commosse il mondo.


Dumbo è il piccolo elefante che viene consegnato alla signora Jumbo, in viaggio con le compagne sul treno Casimiro, da una simpatica Cicogna Fattorino un po' in ritardo, data l'impaziente attesa che l'elefantessa dimostra la notte precedente, quando altri cuccioli, nei loro fagotti bianchi, raggiungono la destinazione accanto ai felici genitori.
Il caratteristico difetto fisico del piccino è subito scoperto: due enormi orecchie a sventola, che provocano l'ilarità e i maligni commenti delle altre acide elefantesse.
Solo la madre ignora l'aspetto insolito del figlio e, felicissima, lo riempie di attenzioni e coccole, facendogli il bagnetto e giocando con lui a nascondino.
Madre e figlio vengono però presto separati: una folla di persone visita il circo e le gabbie degli animali e alcuni ragazzi prendono di mira le orecchie a sventola di Dumbo, che diventano, una volta di più, oggetto di scherno, causando però la reazione della madre che, per proteggere il figlio, scaccia via uno dei ragazzi, provacando il panico e l'intervento degli uomini del circo, che la legano e la isolano in una gabbia a cui affiggono i cartelli "danger" e "mad elephant".
Dumbo si ritrova solo, esposto alla cattiveria del mondo (quella dei ragazzi, quella degli uomini del circo, quella degli elefanti). Ancora una volta un cartone Disney che racconta una realtà triste, ma possibile, vera.
Il direttore e i clown del circo pensano solo al modo migliore di utilizzarlo negli spettacoli: la piramide di elefanti (destinata a crollare quando Dumbo inciampa nelle sue stesse orecchie), il tuffo dal palazzo incendiato, da un'altezza prima di 6 metri poi di 1000, poiché -immaginano i clown- maggiore l'altezza, maggiori le risate e il successo dello show e, di conseguenza, il salario. Torna, dunque, anche il tema a cui si accennava in Pinocchio: lo sfruttamento animale e del mondo dello spettacolo in genere, che si nota anche all'arrivo del circo nella nuova tappa, quando gli animali sono costretti a montare sotto la pioggia le tende e poi a sfilare e a esibirsi.
Non sono però, le figure degli uomini, intenzionalmente cattive: il loro è un non essere attenti a cosa provano gli animali, non attenti al diverso, effettivamente.
"Gli elefanti non sentono nulla!"..."Sono come di gomma!"
Tema principe del cartone, naturalmente, è questo: la diversità. La diversità tra razze (uomo-elefante) che spinge a considerare l'altro, il diverso da noi, come qualcosa che non può provare le stesse emozioni, che può essere considerato inferiore e a cui non importa riservare rispetto e considerazione.
La filmografia Disney è famosa per la costruzione di antagonisti ben fatti, a volte più riusciti dei personaggi principali, e le elefantesse di Dumbo sono dei cattivi coi fiocchi, perfide solo per il gusto di esserlo. Queste non solo non si preoccupano di cosa ne sarà di Dumbo, ma nemmeno si riguardano nello spettegolare malignamente sulla madre del piccino accanto a lui, accanto a "quel piccolo mostriciattolo" e, dopo la sua "discesa sociale", dopo che lo rendono clown, non esitano a dichiarare di non considerarlo nemmeno un elefante. Ecco un'altra prospettiva sul diverso, inteso stavolta in senso sociale: meglio evitare, emarginare chi è più sfortunato, meglio non frequentare chi potrebbe degradare la nostra immagine.
Disney elabora dunque una maniera molto sottile e astuta di parlare del tema, di ricordarci di non giudicare per le apparenze e anche di guardare piuttosto ai nostri lati scuri: grossa critica a coloro che, vuoti dentro, invidiosi e maligni, invece di riflettere sulla propria pochezza, sono pronti a giudicare e soppesare chi è diverso da loro.

Unico a provare compassione per il piccolo Dumbo e a schierarsi in sua difesa è un piccolo, furbo, simpatico topino, che alla fine del film, fotografato nell'atto di firmare un contratto, scopriamo si chiama Timoteo. Prima spaventa le elefantesse, poi suggerisce al direttore del circo, dormiente, di fare di Dumbo una star, infine accompagna il cucciolo dalla madre.


Personalmente credo che questa scena, in cui la madre dietro le sbarre abbraccia e culla il figlio con la proboscide sia la più triste e patetica di tutta la produzione disneyana. Sfido chiunque ad affermare di non essersi mai commosso nel vederla. Questa è la più orribile di tutte le ingiustizie che Disney ha concepito per i suoi film: l'allontanemento di un figlio dalla madre, l'impossibilità dei due di stare insieme. Chi potrebbe non piangere vedendo il tenerissimo Dumbo, deriso, orfano, con i grandi occhioni tristi, seguire il suo unico amico, tenendogli la coda con la proboscide?
La canzone Bimbo mio fu anche candidata all'Oscar come miglior canzone; non vinse, ma vinse invece la colonna sonora.


Una scena molto celebre di questo cartone animato è lo spaventoso trip che hanno Dumbo e Timoteo, dopo aver bevuto per sbaglio troppa birra da una botte: l'elefantino, in preda al singhiozzo, emette bolle che diventano elefanti rosa che danzano, suonano, si trasformano. In sottofondo una canzone che ricorda il delirium tremens (le terribili allucinazioni che si manifestano nelle crisi di astinenza da alcol). Tra l'altro è proprio l'elefante rosa il logo della famosa birra belga, Delirium Tremens. Il messaggio è chiaro: non solo non accettare mele dalle sconosciute, insomma, ma neanche assumere qualcosa senza essere certi di cosa si tratti.
Al risveglio da questo trip, Dumbo e Timoteo si scoprono su un albero. Ad assistere alla scena sono alcuni corvi che, in principio, deridono anch'essi l'elefantino e l'idea del topino che, tutto sommato, fossero saliti sull'albero volandoci grazie alle orecchie di Dumbo, poi, commossi e spinti dal discorso di Timoteo,
Dovreste vergognarvi di voi stessi: dei tipi grandi e grossi come voi prendervela con un orfanello come lui!
Che direste se vi avessero strappati alla mamma quando eravate ancora in fasce! Nessuno per rincalzarvi la sera! Non più una dolce e calda proboscide per accarezzarvi!
Vi piacerebbe essere lasciati soli, in un mondo crudele, freddo e senza cuore? E perché? Rispondete, perché? Solo perché ha le orecchie così grosse l'hanno definito un mostro, l'hanno messo in ridicolo al circo e quando sua madre cercò di proteggerlo, l'hanno rinchiusa in una gabbia. E come se non bastasse hanno fatto di lui un clown, socialmente rovinato!
Ma a che serve parlare a voi uccelli dal cuore nero? Avanti, divertetitevi! Deridetelo! Colpite, non può difendersi! Avanti!
vergognandosi di sé stessi davvero, decidono di aiutarli, fornendo a Dumbo l'elemento magico che lo convincerà delle sue possibilità di volare.
Ed ecco che il difetto fisico diviene invece vantaggio, soluzione per permettere a Dumbo di superare il tuffo dai 1000 metri che gli preparano i clown e di ascendere socialmente, diventando davvero stella del circo e consentendo alla madre di essere liberata: suggerimento di sfruttare le proprie doti e di non arrendersi se non si riesce in qualcosa; di applicarsi nel campo giusto; di trovare soluzioni con le possibilità che abbiamo, senza lasciarci affliggere da un difetto, da una capacità mancante; prenderla come un'opportunità di sfidarci in qualcosa di diverso. Un bel messaggio rivolto ai più sfortunati da parte di un uomo che sfidò il mondo per produrre lungometraggi d'animazione, quasi un'utopia: non arrendetevi, dimostrate al mondo che valete e che potete diventare grandi.

domenica 2 marzo 2014

La Notte degli Oscar 2014: ecco i vincitori

Si è appena conclusa, alle 6.00 circa, la premiazione degli Oscar, tenutasi al Dolby Theatre di Los Angeles e presentata da Ellen DeGeneres: abbiamo appena finito di scoprire tutti i vincitori.
Per primissima cosa è bello annunciare la vittoria (quando mancavano meno di dieci minuti alle 4.00) de la Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, che riporta il nostro paese a vincere la statuetta che ci mancava da la Vita è Bella.


Ecco gli altri vincitori:

Miglior Film
12 Years a Slave

Miglior Regia
Alfonso Cuarón - Gravity
 
Miglior Attore Protagonista
Matthew McConaughey - Dallas Buyers Club

Miglior Attrice Protagonista
Cate Blanchette - Blue Jasmine

Miglior Attore Non Protagonista
Jared Leto - Dallas Buyers Club

Miglior Attrice Non Protagonista
Lupita Nyong'O - 12 Years a Slave

Miglior Sceneggiatura Originale
Spike Jonze - Her

Miglior Sceneggiatura Non Originale
John Ridley - 12 Years a Slave

Miglior Film Straniero
La Grande Bellezza

Miglior Cortometraggio
Helium

Miglior Film d'Animazione
Frozen

Miglior Corto d'Animazione
Mr Hublot

Miglior Documentario
20 Feet to Stardam

Miglior Corto Documentaristico
The Lady in Number 6: Music saves my Life

Miglior Fotografia
Emmanuel Lubezki - Gravity

Migliori Scenografie
The Great Gatsby

Migliori Costumi
The Great Gatsby

Migliori Make up e Acconciature
Dallas Buyers Club

Miglior Montaggio
Gravity

Migliori Effetti Speciali
Gravity

Miglior Sonoro
Gravity

Miglior Montaggio Sonoro
Gravity

Migliore Canzone
Let it Go - Frozen

Migliore Colonna Sonora
Steven Price - Gravity


Data una scorsa alla lista, il risultato è chiaro: può festeggiare Gravity che porta a casa 7 statuette su 10 nomination (regia, fotografia, montaggio, effetti speciali, sonoro, montaggio sonoro, colonna sonora). Premiati, però, anche Frozen come film d'animazione e canzone vincitrice, Il Grande Gatsby per scenografie e costumi, Dallas Buyers Club (entrambi gli interpreti maschili, acconciatura e make up), 12 Years a Slave (film, sceneggiatura adattata e attrice non protagonista).
Infine ricordiamo la precedente assegnazione degli Oscar alla carriera a Steve Martin, Angela Lensbury e Piero Tosi (il nostro costumista, noto soprattutto per Il Gattopardo) e del premio umanitario Jean Hersholt ad Angelina Jolie.
Volendo accennare agli abiti indossati dalle attrici: bellissime Lupita Nyong'O in un ampio abito celeste, Cate Blanchette in un abito impreziosito da gemme, Naomi Watts in bianco scintillante, Julia Roberts che non sembra portare i segni dell'età, Amy Adams in una veste blu Gucci elegantissima, Sandra Bullock in un abito sirena blu metallico e la simpaticissima June Squibb in verde.

Waiting Academy Awards: previsioni per il miglior attore protagonista

La notte degli Oscar 2014 è finalmente arrivata. Alle 22.50 (ora italiana) inizierà la cerimonia di premiazione.
Già avevamo affrontato il pronostico della migliore attrice (critica, Golden Globe, Bafta, Sag Awards sono già concordi sulla vittoria di Cate Blanchette e non dovrebbero esserci sorprese stasera), veniamo a parlare di migliore attore. La scelta in questa categoria è addirittura più difficile, date le interpretazioni brillanti di cui hanno dato prova quest'anno i candidati, anche se il favorito è Matthew McConaughey (solo il premio Bafta -a cui per altro non era nominato- non gli è stato assegnato, andando a Chiwetel Ejofor).


Partiamo da Bruce Dern, il rimbambito ma simpatico padre di famiglia assolutamente convinto di aver vinto un milione di dollari da ritirare in Nebraska. Il più giovane dei figli, stanco di doverlo rintracciare e poi  riprendere mentre cerca di scappare a piedi da casa, decide di assecondarlo e di accompagnarlo in Nebraska, facendo sosta nella città dove i propri genitori sono cresciuti e scoprendo realmente chi era il padre prima che la demenza senile se ne impossessasse. Film simpatico, realista, una bella storia on the road che analizza il rapporto padre-figlio, ma anche le dinamiche familiari. Interessante e intelligente anche il ritratto degli Stati Uniti al di fuori delle glamourose big cities. Bellissima la scelta del bianco e nero. Bruce Dern è credibilissimo anziano per tre quarti folle, ma che conserva tratti di lucidità; è stato bravissimo. Intenerisce e a tratti commuove.



Uno degli attori che preferisco in assoluto e che mi emoziona anche quest'anno, in questo ruolo stravagante, divertente, ironico, che ha saputo interpretare così grandiosamente è Christian Bale. Bale ha grandi doti di trasformista e più di una volta ha dato luogo a metamorfosi impressionanti anche completamente opposte una rispetto all'altra in film consecutivi. Quest'anno gli hanno fatto mettere su peso e in American Hustle esibisce una pancetta e un riporto poco avvenenti. Nonostante queste trasformazioni assolutamente comiche, Bale costruisce un personaggio credibile, che si prende sul serio e in realtà l'interprete scompare proprio dietro l'immagine di Irving Rosenfeld. Resta solo Irving, Christian per 138 minuti non esiste. Ed è irriconoscibile non solo per l'aspetto fisico, quanto per il suo impegno nell'aderire al personaggio nelle espressioni, nella gestualità, nelle movenze, nei piccoli dettagli e dargli vita: un lavoro che Bale compie in ogni performance, rendendolo davvero uno tra i migliori e che realizza stupendamente anche stavolta.


Un altro degli attori che ritengo tra i migliori del suo tempo è Leonardo Di Caprio, attore che all'Academy non piace invece molto, dati i precedenti (omissione di candidature e premi). Quest'anno è riuscito a strappare la nomination, ma non è mai stato annoverato tra i favoriti. La nomination però non è immeritata: le interpretazioni di Leonardo sono sempre brillanti, accattivanti, ma realmente quest'anno si è superato. Dando fondo a ogni briciola di talento, in questo film raggiunge probabilmente la forma migliore, sfoggia la sua abilità in ogni aspetto, in ogni angolatura del personaggio. Un lavoro perfetto, ma superato, ammetto con una certa difficoltà, da quello di McConaughey.
Resta comunque indimenticabile la performance di The Wolf of Wall Street dove, come già commentato in un altro post, Di Caprio svolge un ruolo di mattatore straordinario e completamente folle, rendendo al 100% in ogni scena. Forse era un disperato appello all'Academy per gridare: "guardatemi: sono un talento, sono bravo davvero". Se l'Academy non se ne è accorta, noi sì. Il pubblico non è così sordo e spera in un futuro premio oscar, prima o poi.


Tra le interpretazioni più apprezzate e commoventi, vincitrice del Bafta, quella di Chiwetel Ejofor, che regala un personaggio straordinariamnte umano, realmente profondo, quello di un uomo libero che affronta la schiavitù, l'annientamento dell'identità, l'allontanamento dalla sua famiglia, la crudeltà dei suoi sfruttatori e che lotta per sopravvivere, ma anche per non perdere sé stesso, per non perdere il suo lato umano.
Chiwetel Ejofor è veramente toccante, protagonista molto capace di un'opera bellissima, di un film che con ogni probabilità stanotte vincerà l'Oscar: 12 years a slave.


Eccoci infine a Matthew McConaughey. Questo è stato l'anno delle trasformazioni fisiche e lui ha perso 23 kg per ricoprire il ruolo del caw-boy affetto da AIDS, che lotta contro il sistema sanitario e le industrie farmaceutiche per una cura meno tossica della malattia, dispensando prodotti farmaceutici alternativi a un numero sempre più alto di "pazienti", anch'essi contrari a sottoporsi ancora alla somministrazione di AZT condotta in ospedale nel corso di una sperimentazione. Non solo, McConaughey sorprende molto quest'anno anche per la trasformazione, ancora una volta, non fisica: questo è un addio al muscoloso "belloccio" di Holliwood, ricordato in passato molto più per i muscoli e il bell'aspetto che per la recitazione. Ci troviamo di fronte a un personaggio diverso: serio, difficile, una sfida per dimostrare al mondo un talento finora nascosto bene. E McConaughey c'è riuscito. Ha saputo rendere vero il personaggio di Woodroof, nei suoi lati duri, nella sua disperazione, nella determinazione di continuare a vivere a dispetto della malattia, dei medici e del governo, nel suo affetto, dimostrato alla maniera di un omofobo, per il transgender Rayon. Un bel personaggio e una bella interpretazione. Complimenti a un inaspettato, sconvolgente McConaughey.


Viaggio nel Mondo Disney: Fantasia

Prosegue il viaggio intrapreso in questa sorta di "rubrica" più o meno settimanale col terzo film prodotto da Walt Disney. Nel 1940, oltre a Pinocchio, vide la luce un altro classico, ancor meno per bambini del precedente, ma molto amato dal pubbblico adulto e, se vogliamo, un po' colto. Protagonista del film è, infatti, la musica, precisamente la musica classica, genere di nicchia all'epoca come ora.



Dopo aver già parlato di Biancaneve e di Pinocchio, non possiamo non chiederci perchè Disney, pur producendo cartoni, non producesse film per bambini. Probabilmente la risposta sta nel fatto che il cinema, nei suoi primi decenni, non era affatto "per bambini". Non c'era un angolo di mercato destinato ai più piccoli e in realtà forse nemmeno era studiato da un punto di vista psicologico cos'è un podotto per l'infazia e che caratteristiche dovesse avere per esserlo. Siamo, in fondo, in un'epoca che non aveva tempo per queste sfumature, per queste velleità: c'era la guerra, in Europa si combatteva, la povertà era tanta specie nel Vecchio Continente, la crudeltà della vita era nel quotidiano, anche per i bambini, perché nasconderla al cinema? Inoltre chi "comprava cinema" era un pubblico adulto, non infantile. I film di Disney dovevano divertire, affascinare lo spettatore meno colto, ma anche catturare quello più elevato, mediante temi più sofisticati e insiti nel film, sviluppati con originalità e con quella maniera magica che conquistava chiunque, anche il più snob degli intellettuali. Naturalmente nessuno ha creduto che un bambino non potesse vedere un film a cartoni animati, apparentemenete innocuo. E i bambini erano entusiasti naturalmente: magia allo stato puro, colori e suoni che potevano incantare i più piccoli per un lungo tempo, ma anche spaventarli. Nessuno può negare, frugando fra i ricordi, che ci fosse qualche cartone che da piccolo non desiderava vedere perchè "faceva paura" in qualche scena: fosse Grimilde, la Balena, Shere Kan, Malefica etc...
E nemmeno potrà negare che riguardando da più grande gli stessi cartoni avrà pensato "ma questo dialogo non lo ricordavo affatto! non avrei potuto capirlo da piccolo!"
Questo perchè i cartoni Disney sono film pensati per un pubblico adulto, con i temi più complessi nascosti dai personaggi colorati, ma godibili anche per i più piccini, per la magia del colore e del suono, che li ipnotizzava anche quando non capivano per niente la storia. Fantasia non fa eccezione: anzi è forse l'esempio più concreto di quanto detto. Solo successivamente, molto dopo la morte di Walt, la produzione disneyana cominciò a smussare i temi più cupi, più difficili per un bambino, smettendo di nasconderli per eliminarli del tutto, tanto che oggi quasi nessuno dei nuovi cartoni presenta temi quali la scomparsa, l'allontanamento, la perdita, con gli stessi toni duri, la stessa gravità, la malvagità pura dei personaggi dei primi anni dell'industria Disney.

Dunque la musica classica, componimenti famosi eseguiti dalla Philadelphia Orchestra diretta dal maestro Leopold Stokowski, viene dipinta in questa fantasia di scene e momenti unica, che conquistò immediatamente per l'originalità e la meraviglia dei disegni e delle coreografie, eseguite dai più assortiti personaggi animati, diversi per ciascuna delle composizioni.
Fantasia prende inizio dall'entrata dei membri dell'orchestra in sala. La voce narrante inizia a spiegare a cosa si sta per assistere (la musica in questo caso, fine a sé stessa) e annuncia la prima opera che verrà rappresentata: Toccata e Fuga in Re Minore di Johann Sebastian Bach. Tra la foschia si iniziano a vedere scintille disegnare archi e linee a ritmo di musica e continuano danzando, durante tutto il brano, fasci di luce e scintilli.
Ritorniamo in sala, la voce annuncia che sarà ora Lo schiaccianoci di Pëtr Il'ic Cajkovskij ad essere rappresentato come l'alternarsi delle stagioni: subito l'orchestra scompare di nuovo e compaiono piccole fate, somiglianti un po' a Trilli (forse sue antenate), che fanno splendere di luce il sottobosco, risvegliandolo a nuova vita: prima i funghetti che interpretano la 'danza cinese', poi fiori, sempre danzanti, sulla superficie dell'acqua; poco dopo è proprio in acqua che si sposta la scena e graziosi pesciolini, che ricordano Cleo (da poco apparsa in Pinocchio), con lunghe trasparenti code come i veli di un costume di scena (la 'danza araba') intrecciano motivi e figure coreografiche che richiamano fiori. E di nuovo i fiori prendono il posto dei pesci, dando vita alla divertentissima, deliziosa 'danza russa'. Successivamente torniamo tra il fogliame boschivo, dove fate-libellula riprendono una nuova danza, tra il volteggiare delle foglie autunnali, proseguita poi su un lago, su cui le fate si trasformano in pattinatrici. Ora sono i fiocchi di neve a vorticargli intorno, diventando infine le gonne delle ballerine.


Viene annunciato L'apprendista stregone di Paul Dukas, una leggenda conosciuta per la ballata di Goethe. Questo è forse lo spezzone più famoso di Fantasia, già conosciuto singolarmente come cortometraggio. Topolino è l'apprendista stregone, che approfitta di un'assenza del maestro per utilizzare dei poteri che non riesce però a gestire del tutto, combinando un bel pasticcio. Spettrale la rinascita dei manici di scopa, inquietante la loro inarrestabile marcia mentre Topolino, tra vortici d'acqua, sfoglia le pagine di un libro di incantesimi, prima dell'arrivo dello stregone, spaventoso, che apre le acque come Mosé. L'episodio è meno spettacolare dei precedenti e più cupo, salvo il sogno di Topolino in cui, eretto su una scogliera, strega le stelle, i flutti, le nubi, proprio come un direttore d'orchestra dirige i suoi musicisti).


La sagra della primavera di Igor Stravinskij, ci spiega il narratore, fu pensata per descrivere la nascita del pianeta Terra e Disney e i suoi collaboratori scelsero precisamente questa storia da svolgere sulle note di Stravinskij: dalle nebulose ai vulcani, poi in fondo a un primitivo oceano dove i pesci diventano anfibi (primo passo verso la vita sulla Terra); poi i dinosauri, l'arrivo del terribile T-Rex dagli occhi rossi, che uccide un erbivoro e si abbassa per divorarne la carcassa proprio mentre cambia l'inquadratura. Cambia il clima, la vegetazione si estingue e così inizia il processo d'estinzione dei Grandi Rettili. Un'eclissi di sole, terremoti e maremoti sconvolgono la geografia terrestre.
Un clarinetto tra l'orchestra inizia un pezzo jezz, poi il narratore presenta la Colonna Sonora: una linea bianca tesa, che a ogni suono fa corrispondere un'immagine di linee in movimento e colori. Un'arpa, un violino, un flauto, una tromba, un fagotto, una grancassa: ad ogni strumento il suo corrispettivo in disegno.

Anche la Sesta Sinfonia ("la Pastorale") di Ludwig Van Beethoven, ci spiega ancora il presentatore, è pensata per narrare una storia, che si ambienta sull'Olimpo, il regno degli dei. Questa è la raffigurazione di un mondo incantato: colorati pony Unicorno e Satiri che giocano a rincorrersi, Cavalli Alati che covano i piccoli e gli insegnano a volare, Centauri dal volto di ragazzi e ragazze in rituali amorosi e putti, che aiutano le giovani Centauro (il volto è simile a quello delle Sirenette sorelle di Ariel) a farsi belle e poi agiscono come Cupidi. Tra le danze di Sauri e Centauri per la vendemmia comapare un buffo, paffuto Bacco che si unisce alla festa, finché Zeus (già somigliante al padre di Hercules che sarà prodotto molti anni dopo) ed Efesto, che gli fornisce le saette, intervengono producendo un temporale. Le altre creature corrono al riparo. Con l'arrivo dell'arcobaleno i cuccioli tornano a giocare all'aperto, scivolando dallo stesso arcobaleno e saltando tra pozzanghere che ne hanno preso i colori. Intanto Apollo saluta i Centauri dal carro che sta trainando il sole verso il tramonto e lascia il posto alla sorella Artemide, la Notte.


Sulla Danza delle ore, tratta dal terzo atto della Gioconda di Amilcare Ponchielli, si succedono le rappresentazioni della mattina, pomeriggio, sera e notte, rispettivamente danzate prima dagli Struzzi, poi dagli Ippopotami, dalle Elefantesse e dai Coccodrilli, che danno infine luogo a una danza di tutti gli animali.


Una notte sul Monte Calvo di Modest Petrovic Musorgskij e Ave Maria di Franz Schubert sono gli ultimi
due componimenti, rappresentati in successione come antitesi una dell'altra. Decisamente la raffigurazione è spaventosa e terribile, terrorifica per qualsiasi bambino. Prima un demone, che pare incarnare perfettamente la classica concezione del Diavolo, sulla cima di un monte richiama a sé gli scheletrici spettri di un paesino sottostante e piccoli mostriciattoli si esibiscono in un'agghiacciante danza, mentre altre figure demoniache si avvicendano in primi piani sempre più vicini, reali come un 3D. Poi, sull'apertura dell'Ave Maria, gli spiriti tornano al loro cimitero e il demone pare ritirarsi sconfitto. Nella pallida luce dell'aurora, vediamo una lunga fiaccolata di monaci verso una cattedrale in un bosco. L'immagine successiva è una piccola fessura ogivale di luce, che si allarga, mentre ci avviciniamo, a diventare una finestra da cui si vedono degli alberi e il sorgere del sole.
Il film si conclude. I membri dell'orchestra escono di sala.

Fantasia nacque dall'idea di Walt Disney di dare a Topolino un successo e una fama che andasse oltre il semplice cortometraggio. Pensò precisamente al corto L'apprendista stregone nato nel 1928 sulla ballata di Goethe e sul componimento musicale che ne aveva derivato Dukas, già inserito nelle Sinfonie Allegre. Il desiderio di Disney era creare un prodotto in cui regnasse la fantasia e l'azione fosse diretta dalla musica e inserirvi questo spezzone di Topolino. Incontrò Leopold Stokowski, gli descrisse il progetto e il direttore ne fu entusiasto, decidendo di parteciparvi gratuitamente. Si decise di usare una vera orchestra sinfonica, furono selezionati i pezzi da eseguire e le storie da raccontare, si registrò la musica. I costi furono molto alti, l'industria Disney azzardò su un prodotto assolutamente nuovo, assolutamente unico e il risultato fu un successo. Il film fu una novità, brillante e di altissima qualità, punto di inizio per le storie animate musicali che verranno successivamente, come Musica Maestro e Pierino e il Lupo. Purtroppo la guerra europea, a cui gli Stati Uniti presero infine parte non aiutò il progetto a recuperare i soldi e, come Pinocchio, rappresentò una fonte di perdita economica. Fu però oggetto futuro di tagli e riedizioni che incentivarono il rientro di denaro. Tutto sommato rimane una delle opere più visionarie di Disney, un film realmente straordinario, una poesia fatta di musica e ballo che incantò un pubblico vastissimo, grande e -nonostante tutto- piccino.

Topolino ringrazia Stokowski dopo l'episodio dell'Apprendista Stregone